La Cina combatte contro un male oscuro che sta indebolendo l’ossatura della sua società: Internet. Il paese, dopo anni di chiusura completa dal mondo al di fuori della Grande Muraglia, si è improvvisamente aperto ed ha scoperto una passione irrefrenabile per la tecnologia e per il Web. Il problema è tutto ciò che può comportare l’impatto di una tecnologia aperta come la Rete con la chiusura di una società basata su paradigmi propri di un’era nella quale Internet non c’era. L’occidente è arrivato passo dopo passo a questo stadio, la Cina ha invece bevuto tutto d’un sorso la novità. Gli effetti sono stati immediati, portando a distorsioni evidenti e pericolose quanto il sistema Green Dam. Ma non solo: si è anche prospettato l’uso dell’elettroshock per allontanare le persone da un uso eccessivo del World Wide Web.
La dipendenza da Internet (“Internet Addiction”) è un problema che, soprattutto nelle aree metropolitane, va oltre quella che potrebbe essere semplicemente una esposizione oltremodo prolungata allo schermo del pc. In una società poco strutturata, le metropoli diventano luoghi nei quali soprattutto i giovani non trovano rifugio se non in un centro commerciale o davanti alla tastiera. Obesità, relazioni pericolose, maternità indesiderate ed altre conseguenze di questo calibro sono il riflusso di comunità incapaci di offrire soluzioni per il tempo libero, tempo che il Web ha saputo far proprio. Il dottor Yang Shuyun, del Centro per la Cura della Dipendenza da Internet dell’ospedale psichiatrico di Linyi, pensava di aver trovato la cura: un mix di procedure psicanalistiche e farmaci, unitamente alla forza d’urto dell’elettroshock, avrebbe dovuto essere un sistema utile per scoraggiare dall’uso del Web: 3000 adolescenti sono stati sottoposti alle cure nella provincia di Shandong (zona orientale della repubblica popolare cinese) prima che un intervento dall’alto vietasse la pratica ponendo fine agli esperimenti del cosiddetto “zio Yang”.
Secondo Reuters la cura costava 805 dollari (5.500 yuan) al mese e prevedeva scariche elettriche e psicofarmaci presso gli appositi centri di recupero. Una nota proveniente dal Ministero della Salute ferma però il dottor Yang prima che gli effetti deleteri dei suoi trattamenti possano manifestarsi con eccessiva pericolositò: «la terapia con l’elettroshock per la dipendenza da Internet […] non ha fondamenti medici e quindi non è appropriata all’applicazione clinica». L’ECT (“electroconvulsive therapy”) esce pertanto dai sistemi adottabili e la procedura “xingnao” del dott. Shuyun viene messa all’indice dal sistema sanitario cinese.
La notizia, che in occidente può suonare come un richiamo alla barbarie, è invece una “semplice” deriva di un timore radicato. In Cina sono centinaia le organizzazioni che si occupano del recupero dei giovani dalle minacce del Web, il tutto a causa delle ovvie frizioni che vengono a crearsi tra due mondi che viaggiano a velocità differenti: quello tradizionale, legato ai valori del passato, e quello giovanile, attento alle dinamiche dell’innovazione e recettivo nei confronti delle lusinghe della libertà ispirata dalla Rete. La censura delle istituzioni centrali non fa altro che porre un freno alle conseguenze politiche di queste frizioni, ma ciò che non è possibile evitare sono le derive che la società è costretta a subire. Tra le altre anche un ritorno dell’elettroshock per una malattia che in occidente è considerata quasi una virtù.