C’è un luogo dove non esiste il silenzio elettorale, il Web 2.0. E ce n’è uno in particolare, Twitter, dove il confronto più importante di queste elezioni, quello milanese acceso dalle polemiche dopo il colpo basso di Letizia Moratti nei confronti di Giuliano Pisapia, che sta rielaborando tutto in un modo completamente originale e spontaneo. Si chiama “morattiquotes” ed è l’hashtag più cliccato.
Le Moratti Quotes sono state inventate da @andyviolet, in pratica promuovendo il termine col quale chiunque, con un semplice messaggio di 140 caratteri, può farsi catturare dal trend search del social network ed entrare a far parte del gioco parodistico che sta facendo impazzire la blogosfera.
Questa azione prende le mosse dallo stile sarcastico di Spinoza.it (e si capisce oramai come questa esperienza abbia liberato la voglia di molti di prendere in giro i nostri politici, di qualunque schieramento essi siano): basta incolpare Pisapia dei peggiori reati, ironizzando così sulla candidata del centrodestra che ha erroneamente incolpato il suo avversario di un reato mai commesso, e aggiungere #morattiquotes.
L’intenzione è di fare il verso alla Moratti, ma in una gara a chi la spara più grossa, con un gusto salace davvero eccezionale (basta spulciare i tweet per rendersene conto): c’è chi accusa Pisapia di essere “il personal trainer di Ferrara”, chi è pronto a giurare che in realtà si tratti di un’altra identità di Chuck Norris (poteva mancare?), oppure che è l’autore di “Friday” cantata da Rebecca Black. Chi, con un colpo di genio social-comico, avvisa che ci tagga nelle foto peggiori.
Abbiamo scritto della trasformazione di Twitter in senso di guerrilla-communication, parlando dello sbarco dei talebani ma anche di un certo tipo di giornalismo estemporaneo e aggressivo. La politica è un argomento perfetto, anche se in Italia potenzialmente incendiario, per sfruttare la capacità dei social network di liberare la creatività e mostrare il lato ridicolo delle campagne elettorali.
Si ride, è vero, ma si pensa anche. E non è detto che un giorno non dovremo ringraziare anche questi spazi per averci fatto respirare un’aria diversa.