Il Comitato Interministeriale per la Sicurezza della Repubblica (Cisr) si è riunito questa mattina, presieduto dal presidente del Consiglio, Enrico Letta, che insieme ai ministri Cancellieri, Alfano, Zanonato, Saccomanni, al sottosegretario Marco Minniti e al direttore Generale del Dis, Gianpiero Massolo, ha ribadito la posizione italiana rispetto al caso Datagate. Posizione che, secondo tradizione, si può riassumere così: verificheremo.
Entrato in maniche di camicia, un po’ alla Obama, il presidente Letta ha deciso di trasmettere sul canale YouTube di Palazzo Chigi i primi due minuti della riunione, in segno di trasparenza. Si tratta per la verità di due minuti iniziali, senza audio, di una riunione straordinaria nata per riflettere ai massimi livelli istituzionali su quello che in pratica è il più grande scandalo di spionaggio politico di tutti i tempi. Una scala di valori – milioni di cittadini, miliardi di dati contenuti in mail hosting che dovrebbero essere protetti – del tutto inedita e che forse rappresenta le autentiche potenzialità (ma in negativo) del mondo iperconnesso.
Escludere le compromissioni
Nella riunione sono emersi due concetti. Il primo: sostegno alle iniziative internazionali finalizzate a ridefinire i protocolli di intesa con gli Stati Uniti. In altre parole, il governo appoggia l’idea europea di utilizzare gli accordi per il trasferimento dati come carta da giocare per spingere l’amministrazione Obama a rivedere i propri comportamenti e le linee della NSA. Il secondo concetto riguarda l’intelligence italiana. Letta e i ministri ribadiscono la fiducia verso i servizi:
C’è la necessità di proseguire nella positiva attività di verifica e tutela sin qui svolta dagli Organismi di intelligence nazionali; tale attività è finalizzata a escludere che si siano verificati episodi di violazione della riservatezza e sicurezza nelle comunicazioni dei Vertici istituzionali e dei cittadini italiani, o situazioni di compromissione dell’integrità delle varie articolazioni del Sistema Paese.
Un po’ di ipocrisia
Come queste parole siano compatibili con quanto appreso negli ultimi giorni è davvero difficile capirlo. Di fatto, i responsabili della NSA hanno spiegato che i servizi nazionali sono implicati nel trasferimento dati, secondo protocolli sulla sicurezza validi da anni. Insomma, il governo parla ancora di ipotesi laddove la questione Datagate è ormai andata molto oltre. C’è un po’ di ipocrisia quando si legge, alla fine del comunicato di Palazzo Chigi di «una nuova cornice di leale collaborazione fra servizi di intelligence» quando lo stesso servizio ha fin qui negato che questa lealtà sia mai stata tradita.
Il Dipartimento per le informazioni della sicurezza ha così un mandato generico su questa situazione che gli permette di derubricare i toni e gli argomenti delle inchieste giornalistiche a rivelazioni da comprovare. Ma questa equivalenza non è accettabile alla luce di tutto quanto è emerso: le accuse rivolte alla NSA sono basate su documentazione, mentre ad essere soltanto, per il momento, parole sono proprio quelle di chi, già in passato, è stato smentito.
Gli Usa disponibili a cambiare regole
Nel caos diplomatico sembra avere più valore, almeno rispetto alle consuete dimostrazioni di impotenza italiane, le parole spese dalla stessa NSA e dalle ambasciate in giro per l’Europa, comprese quelle del nuovo ambasciatore Usa a Roma John Phillips, che all’Ansa ha garantito la disponibilità a rivedere il loro modo di operare:
Faremo sì che ognuno capisca il nostro programma e che non vengano raccolte più informazioni di quelle che servono a conseguire l’obiettivo che ci siamo dati, cioè una efficace azione contro il terrorismo. L’America è pronta a prendere in considerazione ogni commento e obiezione fatti dagli alleati, per mettere a punto un meccanismo che bilanci la necessità di un’efficace prevenzione con quella di non ledere la privacy dei cittadini.