«Ritengo sia molto importante che il mio ISP fornisca l’accesso ad Internet alla mia casa allo stesso modo di un’altra compagnia che porta l’acqua». Così Tim Berners-Lee ha espresso a suo tempo la propria opinione circa l’eventualità di una azienda che, posizionandosi a livello di Internet Service Provider, può raccogliere i dati di navigazione relativi agli utenti per poi trarne giovamento a livello di advertising violentando la privacy dei singoli. Il problema ha assunto rilevanza tale da consigliare una chiamata alle armi da parte dei pesci grossi del mercato, in quanto il loro volume non potrebbe certo passare inosservato nel dibattito in atto.
Microsoft, Google, Facebook, AOL, Yahoo, Amazon, eBay: sono questi i destinatari che danno spessore ad una lettera aperta firmata Open Rights Group (nonché da Alexander Hanff e Richard Clayton della Foundation for Information Policy Research) con cui si punta il dito direttamente contro il sistema Phorm, l’architettura che dovrebbe reggere un nuovo sistema pubblicitario basato sull’analisi delle abitudini di navigazione dell’utenza. Sul sistema Phorm si dovrebbe basare l’attività di Webwise, brand dietro al quale si celano British Telecom, Virgin e TalkTalk, i tre maggiori ISP del Regno Unito.
La lettera è in pubblicazione sul sito dell’organizzazione ed è una vera e propria denuncia pubblica della pericolosità e dell’illegalità intrinseca del sistema Phorm: «Le comunicazioni a norma di legge non possono essere intercettate, ma questo sistema le intercetta, senza il consenso tanto del mittente quanto del destinatario. Il sistema farà copia di materiale protetto da copyright senza permesso, altra attività illegale». Nel testo non v’è dunque solo una valutazione di opportunità, ma soprattutto un deciso intervento a livello legale, il che sgombra il campo da ogni valutazione soggettiva per spostare su un piano giurisprudenziale il discorso.
La lettera chiede in pratica che i grandi nomi del Web si mettano di traverso sulla strada che porta Phorm sulla strada degli utenti. Siano Microsoft, Google & c. ad ostacolare le operazioni di profiling ed intervengano pubblicamente a garanzia della libertà della propria stessa utenza. Per rimanere fuori dalle grinfie di Phorm i grandi gruppi possono compiere una semplice operazione: è sufficiente esercitare il proprio diritto di “opt-out” secondo quelle che sono le modalità indicate nell’apposita FAQ di Webwise. Così facendo l’utenza rimarrebbe al riparo per gran parte della propria navigazione (i brand destinatari della lettera aperta concentrano su di sé gran parte del tempo passato in rete dall’utente medio) e si darebbe il via ad una operazione oppositiva di gran significato per l’intero mercato. Per il resto l’utenza non ha altrimenti potere alcuno, vedendo così le proprie abitudini di navigazione alla mercé dei pubblicitari senza averne controllo alcuno al di fuori della scelta del provider di accesso al Web.
La lettera non ha raccolto al momento alcuna risposta, ma è destinata comunque a mettere i destinatari con le spalle al muro: complici o rivali, in ogni caso responsabili delle proprie azioni.