«Il Consiglio dei ministri dell’Unione europea ha approvato oggi all’unanimità il pacchetto di riforme del settore europeo delle telecomunicazioni che la Commissione europea aveva proposto per la prima volta nel 2007 […] Le nuove regole permetteranno di rafforzare la concorrenza e gli investimenti sul mercato europeo delle telecomunicazioni e di offrire maggiore certezza alle imprese che investono nella fibra ottica ad alta velocità e nelle reti senza fili. Grazie a esse si renderanno disponibili anche frequenze supplementari per i nuovi servizi mobili. il Parlamento europeo voterà la settimana prossima, nella sessione plenaria di Strasburgo, per l’approvazione formale del pacchetto sulle telecomunicazioni. La riforma delle telecomunicazioni si applicherà non appena le nuove norme saranno pubblicate nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea nel dicembre 2009». Una approvazione di impatto feroce nel quadro europeo delle telecomunicazioni, quindi, con conseguenze di grande importanza anche e soprattutto per un paese in grave ritardo qual è l’Italia.
Commenta Viviane Reding, festeggiando così una approvazione che porta un nuovo importante risultato nel quadro del suo mandato presso la Commissione: «L’adozione odierna del pacchetto telecomunicazioni da parte del Consiglio dei Ministri è un chiaro segnale per un rafforzamento della concorrenza e degli investimenti in reti e servizi di telecomunicazioni nuovi e più rapidi, in un mercato unico più forte. La Commissione europea si è battuta per due anni per questa riforma: mi compiaccio che molte delle nostre ambizioni europee siano state approvate dai Ministri, grazie all’impulso della Presidenza svedese […] L’approvazione della riforma delle telecomunicazioni da parte del Consiglio giunge al momento giusto: in questi tempi di crisi finanziaria ed economica, con un PIL dell’UE che secondo le previsioni scenderà quest’anno del 4%, la riforma avrà un impatto macroeconomico molto positivo. Le nuove norme europee in materia di telecomunicazioni daranno un contributo decisivo alla creazione di un mercato unico delle telecomunicazioni più forte, più competitivo e più vicino alle esigenze dei consumatori, sostenuto da reti più veloci, in fibra ottica o mobili, in tutta Europa. Offriranno inoltre certezza giuridica agli operatori delle telecomunicazioni, storici o nuovi, e garantiranno l’adozione di decisioni coerenti in tutti gli Stati membri».
Il documento riassuntivo delle 12 grandi novità che costituiscono la nuova riforma è stato pubblicato dalla Commissione nei giorni scorsi. Contiene, nello specifico, misure tali per cui:
- Ogni consumatore europeo, mantenendo sempre il medesimo numero, potrà cambiare operatore mobile nel giro di 1 giorno;
- I consumatori riceveranno informazioni più chiare e concepibili relativamente all’accesso alle offerte; sulla base di un necessario presupposto di innocenza, l’UE dovrà monitorare sul rispetto di questi regolamenti;
- I consumatori europei dovranno avranno maggior possibilità di scelta tra i provider per la banda larga disponibili;
- Libertà e neutralità della rete sono parti integranti degli accordi stipulati;
- Ci sarà maggior protezione contro furti di dati sensibili e spam;
- Sarà possibile accedere da tutta Europa al numero unico di emergenza “112”;
- Varie misure miglioreranno ed assicureranno una equa competizione a vantaggio di tutti gli utenti;
- Una miglior gestione dello spettro radio migliorerà la copertura della banda larga.
Relativamente all’uso del “112”, però, l’Italia subisce immediatamente una ammonizione: «la Commissione europea ha avviato una nuova fase del procedimento nei confronti dell’Italia, in quanto i servizi di pronto intervento italiani non ricevono ancora informazioni sull’ubicazione di coloro che chiamano il 112 – il numero unico d’emergenza europeo – da cellulari, nonostante una precedente sentenza della Corte di giustizia europea. La Commissione ha deciso di inviare all’Italia un parere motivato, ultima fase del procedimento prima di adire nuovamente la Corte di giustizia europea, che dovrebbe poi decidere di condannare l’Italia al pagamento di una penale per il mancato rispetto di una precedente sentenza».