Poco fa i parlamentari europei hanno votato a favore – 368 su 625, 159 contrari e 89 astenuti – della proposta di legge sull’eliminazione degli stereotipi di genere nell’Unione europea, non prima però di averla emendata della parte che avrebbe portato a una guerra senza quartiere al porno online. Resta da stabilire se Strasburgo abbia preferito così, oppure se la tempesta di mail ricevuta dai cittadini abbia avuto qualche influenza.
Mentre il deputato pirata Christian Engström scriveva al presidente Martin Schulz, per lo spiacevole episodio delle mail cestinate dei cittadini europei che facevano pressioni sui loro deputati per cancellare la parte più censoria della risoluzione, in seduta plenaria l’assemblea portava il testo all’ordine del giorno, poi approvato parzialmente.
La parte rimasta esclusa è proprio quella legata al porno online. La proposta di risoluzione della deputata Kartika Tamara Liotard aveva molti elementi interessanti e condivisibili, ma la questione pornografia ha ovviamente messo in ombra tutto il resto.
Per ovvie ragioni: la pruriginosità dell’argomento, il grande consumo di pornografia online da parte di moltissimi cittadini (con statistiche sorprendenti), e naturalmente anche l’idea che un blocco totale al porno fosse davvero complicato da ottenere e potenzialmente dannoso per la libertà di espressione.
L’europarlamento ha preferito, saggiamente, conservare il tanto di buono della risoluzione, che mette in campo misure efficaci per ridurre la prevalenza di stereotipi di genere nell’istruzione, nell’occupazione, e nei mass media, lasciando cadere il concetto di «divieto di tutte le forme di pornografia nei media» che avrebbe aperto le porte a una polizia morale da tempi oscuri.
Non tutti però la pensano così. Il deputato Rick Falkvinge (anche lui del partito pirata) ha lamentato che non essendo scomparso il riferimento a una precedente legge del 16 settembre 1997 sulla discriminazione della donna nella pubblicità – mai realmente applicata: basta guardarsi attorno – la risoluzione anche così com’è potrebbe permettere un blocco al porno su tutti i media.
Ma è solo un caso scuola: in pratica la vicenda sembra dire che l’Europa non ha alcuna intenzione di cominciare una battaglia del genere, avendo ben altri problemi.