L’Italia è un paese dove c’è una libertà parziale di informazione, ma dal punto di vista del Web è in linea con i migliori. Una contraddizione solo apparente quella di Freedom House, la prestigiosa società di analisi della libertà di stampa, che ha pubblicato un report sul Web libero in cui siamo sorprendentemente messi bene.
Il rapporto Freedom of the net 2011 affronta la libertà di informazione sul Web, segnalando che almeno un blogger o un comune utente è stato arrestato per aver espresso online le proprie opinioni in 23 dei 37 stati del mondo presi in considerazione.
Per ogni paese c’è una scheda di approfondimento, quella italiana parte da pagina 195 e mostra una tabella molto chiara e semplice:
Il nostro paese ha una penetrazione di Internet al 49 per cento e non conta arresti, censure e blocchi di applicazioni sociali. Pur avendo registrato 26 casi di violazioni e ostacoli ai diritti di accesso alla Rete, il giudizio è lusinghiero: free. Diverso dal giudizio globale sulla libertà di stampa, di cui sono note peraltro le cause: il conflitto di interessi pubblico/privato nel sistema radiotelevisivo.
Insomma, nelle stesse ore in cui la blogosfera si compiace del primo Pulitzer vinto da una testata online, anche qui da noi, tra mille contraddizioni, possiamo essere contenti: l’Italia è a braccetto con Estonia, Stati Uniti, Germania, Australia, Gran Bretagna, Sudafrica, Brasile. E anche se mancano molti paesi che certamente ci avrebbero messi più in fondo (come quelli del nord Europa) resta un dato positivo.
L’Economist ha realizzato un grafico che incrocia i dati di penetrazione della Rete con dati economici, infrastrutturali e di politiche di accesso. In questo caso il rating italiano si abbassa un po’, a dimostrazione di come il Web è libero nonostante il sistema Italia, invece che grazie a esso.
Come valutare questo traguardo? Semplice: il Web è una realtà relativamente giovane, nata fuori dai conflitti politici ed economici che pure l’hanno adottata, capace di dare voce più facilmente a differenti punti di vista e fonti di informazione. E quando gli capita di pestare i piedi al potere, quest’ultimo ha meno strumenti per imbavagliarla.
Non essendo appesantita da questa tradizione di editoria impura, si è potuta esprimere esattamente come negli altri paesi, dimostrando le potenzialità italiane. Una ragione in più per credere nei media 2.0: in pochi anni ci hanno fatto guadagnare rating internazionale.