La scorsa settimana, quasi in contemporanea, sono apparse sui media due ricerche sul filesharing in evidente contraddizione. La prima ha sottolineato come gli utenti P2P siano ben disposti all’acquisto di materiale legale, la seconda ha dimostrato come il filesharing sia la causa della crisi dell’economia. Di fronte a questo scenario inconciliabile, i giornalisti del Guardian si sono chiesti se sia davvero misurabile il reale impatto del P2P.
Il quotidiano inglese ha messo subito in evidenza come nessuna delle due ricerche possa considerarsi attendibile: entrambe sono state finanziate da organismi evidentemente schierati, quali Virgin Media e Open Rights Group.
Analizzando la natura delle reti di scambio e del modello economico dell’industria discografica, risulta praticamente impossibile ricavare un dato reale sull’impatto del filesharing. Ad esempio, il comportamento dei consumatori in ambiti ai limiti della legalità è difficilmente osservabile. Inoltre, il sistema di distribuzione dei supporti musicali è così obsoleto da essere in crisi indipendentemente dall’esistenza del P2P.
Eric Gardland, CEO della società d’indagine BigChampagne, ha recentemente confermato l’impossibilità di ottenere un dato realmente rappresentativo sull’impatto del P2P:
Stiamo assistendo a questo ping-pong da quasi una decade. […] Anche se l’industria dell’intrattenimento avesse una bacchetta magica in grado di far scomparire la distribuzione illecita, dovrebbe affrontare gli stessi attuali quesiti sulla crisi. Quanto questa dipende da inefficienze del mercato? Quanto l’ascolto gratuito e legale sta diminuendo gli acquisti? […] La pirateria è solo una modalità di espressione di un problema fondamentale per l’industria: i consumatori posso scegliere di pagare oppure di non pagare affatto.
Questa ipotesi è stata confermata da Peter Bradwell, ricercatore di Demos, una delle due società implicate in questo contraddittorio:
I politici e l’industria discografica devono riconoscere che la natura del consumo di musica è cambiata, i consumatori stanno richiedendo prezzi più bassi e accesso più semplice.
Nonostante l’impatto del filesharing non sia misurabile, sembra proprio che la causa dei problemi dell’industria discografica non derivi dal P2P ma, come sottolineato, da errate strategie di marketing.