La pandemia che attanaglia il mondo ormai da oltre un anno, hanno reso lo smart working una pratica assai diffusa. In tanti stanno proseguendo le proprie mansioni a distanza direttamente da casa, una soluzione che consente a molti genitori anche di occuparsi dei figli, spesso in didattica a distanza. Proprio l’incertezza relativa alle scuole, con gli istituti che vengono chiusi e riaperti senza soluzione di continuità, stanno costringendo molti genitori a prolungare i periodi di smart working, anche se le aziende magari sono tornate a regime.
LinkedIN e smart working: una macchia sul curriculum?
Questo periodo di lavoro a distanza, però, spesso viene confuso con una fase di inoccupazione ed è anche per questo che LinkedIN ha iniziato dagli Stati Uniti ad aggiungere alcuni accorgimenti alla propria piattaforma per dare una mano soprattutto ai genitori in smart working. Il nodo di cui più si discute negli USA è quello relativo all’employment gap, ritenuto da qualcuno come una macchia sul curriculum, semplicemente perché non è possibile sulla piattaforma spiegare quale sia il motivo dell’allontanamento dal posto di lavoro.
Le nuove definizioni per chi lavora da casa
A breve, il social network di proprietà di Microsoft renderà disponibili nuove definizioni per aggiornare il profilo. Tra queste, sono presenti “stay-at-home mom“, “stay-at-home dad“, “stay-at-home parent“, “parental leave“, “family care” e “sabbatical”, tutte opzioni che consentono di specificare che non ci si trovi a casa per un licenziamento, ma semplicemente per la pandemia o altre contingenze. Contestualmente, queste opzioni potrebbero dunque evitare macchie sul curriculum e aiutare a trovare un nuovo impiego. Dicendo di essere in smart working per scelta, infatti, si potrebbe essere più appetibili per quelle realtà che non cercano dipendenti “da ufficio” insomma, bensì gente da assumere in “telelavoro”.
Le nuove definizioni saranno disponibili per tutti ma è fin troppo evidente che risulteranno maggiormente utili per le donne. Sono proprio le mamme, infatti, ad aver subito maggiori conseguenze a livello professionale dalla pandemia.