Le criptovalute non sono di per sé un problema per l’ambiente, infatti la maggior parte di esse consuma poca energia per funzionare e non ha un impatto percepibile sull’ambiente.
Questo però non è sempre vero, dato che ce ne sono alcune che consumano come delle petroliere e sono sempre più difficili da giustificare a livello globale, come Bitcoin stessa.
Ora, bisogna fare attenzione a non scadere nel tifo da stadio quando si tratta di questo argomento, dato che è facilissimo lasciarsi prendere dalla foga di proteggere ciò che sta a cuore.
Se si parla con un bitcoiner, egli difenderà a spada tratta questa moneta, dicendo che è la più sostenibile al mondo e cose simili. Se si parla con un ambientalista invece, dirà che è un buco nero di energia insostenibile, ma perché questo?
Bitcoin funziona grazie a uno standard che potremmo definire obsoleto (in un certo senso), nel panorama delle crypto. Ovvero, per funzionare, computer potentissimi mangiano milioni di kWh per risolvere il codice criptato del sistema e permettere alle transazioni di passare. Questo si chiama Proof-of-Work.
Esaminando la questione da un punto di vista puramente numerico e distaccato, è innegabile che Bitcoin consumi tantissimo, ma è anche vero che raramente si tratta di energia “sporca” o destinata al libero mercato.
L’energia oggi costa tantissimo, per questo le mining farm sono profittevoli solo se hanno un mezzo proprio e rinnovabile per produrre energia, non sicuramente attaccando la spina alla presa dell’Enel.
Questa energia è prodotta solo ed esclusivamente per minare Bitcoin e, queste centrali eoliche o a pannelli solari (o chi per esse), probabilmente non esisterebbero nemmeno se non fosse per questo scopo. Quindi sì, c’è un problema, ma non è così grave come viene dipinto.
Il problema è che il discorso non finisce con Bitcoin, ma ci sono moltissime altre crypto Proof-of-Work in circolazione.
La predizione delle IA
Secondo le intelligenze artificiali, la Cina metterà al bando il mining delle crypto PoW nel prossimo futuro, il che ha perfettamente senso con quanto già fatto in passato.
Infatti, chi segue le crypto da qualche anno, si ricorda perfettamente che era già avvenuto un ban sul PoW e, più precisamente, su Bitcoin stesso.
Sì, oggigiorno non si può minare Bitcoin in Cina, con le mining farm che si sono spostate già da molto tempo, ma continua il mining di altre crypto PoW come DOGE, Litecoin, Ethereum Classic (fork di Ethereum quando era passato al Proof-of-Stake) e molte altre ancora dalla capitalizzazione molto alta.
Queste, con ogni probabilità, saranno presto anche bandite in Cina, almeno stando a quanto dicono le IA interrogate sul caso (ChatGPT, Copilot e Gemini).
Questo è un problema? No, almeno non per il mercato in generale, ma potrebbe essere da considerare la propria esposizione a questi asset.
Il vero punto cruciale di questo discorso però, torna a riflettersi su Bitcoin. Sebbene sia una crypto che assorbe energia pulita per la maggior parte, non è comunque esente da critiche.
La quantità di kW assorbita potrebbe alimentare una piccola nazione e, in un mondo sempre più energivoro e con l’inquinamento che dev’essere ridotto, lo spazio di manovra per l’oro digitale si sta restringendo.
Potremmo assistere a un futuro dove Bitcoin dovrà, volente o nolente, trovare una forma d’essere più green e meno energivora, pena la perdita di adozione a livello globale.
Questa è una previsione nostra, che ci risulta logica dopo la predizione delle IA e dando un’occhiata a come va il mondo. L’energia è sempre più un bene prezioso e che, presto o tardi, dovremo pensare a risparmiare piuttosto che solamente produrre in quantità sempre maggiori. Come reagirà Bitcoin a questo scenario? La strada di Ethereum verso il Proof-of-Stake potrebbe essere la risposta.