Recentemente avevamo parlato dell’idea del Governo di incentivare la TV via Internet affinché diventi la terza piattaforma televisiva. Un obiettivo apprezzabile specie considerando che il nostro sistema televisivo si è dimostrato da sempre un sistema “chiuso”, nel senso di poco aperto all’uso di altre tecnologie di diffusione che non fossero l’analogico terrestre.
Il processo di digitalizzazione pare destinato ad aprire questo mercato, anche se tuttavia questo obiettivo deve trovare, prima ancora che il sostegno economico e “politico” da parte delle Istituzioni, un riscontro diretto da parte del pubblico, il quale, per essere convinto alla “migrazione”, deve per prima cosa avere dei vantaggi concreti e tangibili, sia dal punto di vista dell’offerta sia da quello tecnico.
In questo post proveremo a fare un po’ il punto della situazione sulle principali piattaforme digitali che veicolano il prodotto televisivo. Mettendo in rilievo i pregi e i limiti di ognuna di esse con l’obiettivo di fare una panoramica su cosa e quanto ci offre, al giorno d’ oggi, la tecnologia televisiva. Il tutto senza avere la pretesa di guida esauriente e definitiva per gli utenti.
La piattaforma digitale più diffusa, come ampiamente prevedibile dato che va a sostituire direttamente la TV terrestre analogica, è il digitale terrestre. Il DTT è la televisione per come comunemente viene “recepita” dalla gente. Ha il pregio di garantire una certa semplicità d’installazione del decoder (o TV con ricevitore integrato) e beneficia del fatto che praticamente non c’è abitazione che non possieda un’ antenna per la ricezione dei segnali terrestri.
I suoi limiti sono soprattutto la copertura che, nonostante con lo switch-off ci si avvii a coprire in maniera omogenea l’Italia, resterà sempre un limite insuperabile in quelle zone orograficamente “difficili”. Oltre al limite dovuto alla limitata ristrettezza di banda disponibile (almeno fino a quando non si passerà al DVB-T2, uno standard ancora lontano dall’essere adottato a livello commerciale).
Problemi che invece non si pongono per il satellite, il quale ha dalla sua il vantaggio di consentire una copertura immediata e uniforme praticamente del 100% del territorio, con limiti più alti, parlando di banda disponibile per la distribuzione dei canali, rispetto al DTT.
Allo stesso tempo i suoi limiti stanno nella necessità di dover spesso fare da zero l’impianto, visto che non tutti i condomini hanno una parabola installata, oltre al problema (minore rispetto a qualche anno fa, va detto) della mancanza di segnale dovuta a condizioni meteo problematiche, tipo in caso di forti piogge o nevicate.
Immediatamente dopo arriva l’IPTV, che, almeno in Italia, è la piattaforma più recente delle tre e che si pone come la più flessibile delle piattaforme digitali, poiché è l’unica ad offrire la possibilità del video on-demand e a consentire funzioni di piena interattività potendo contare su vero un canale di ritorno possibile grazie all’uso del protocollo IP per veicolare le trasmissioni.
Di contro, l’IPTV soffre l’arretratezza nostrana per quanto riguarda la diffusione della banda larga e di diversi problemi di stabilità del segnale, legati, anche questi, ad un’ADSL non sempre all’altezza. Per non parlare di quello che indiscutibilmente è il limite maggiore alla sua diffusione: ovvero l’essere legata ad offerte che la prevedono esclusivamente come opzione a pagamento, facendola percepire al pubblico più come una pay TV che una piattaforma a tutti gli effetti.
Ed è questo il punto più importante, mentre la fruzione delle altre piattaforme non va al di là dei costi necessari per adeguare l’impianto e per installare un decoder, per l’IPTV è diverso. Fruirne significa sottoscrivere un’ apposita offerta che lega il cliente e che, per molti, non vale la pena a fronte di un’ offerta di canali free non ancora ben strutturata e ricca.
Si adegueranno i provider italiani nel tentativo di agevolare il compito del Governo cui si accennava sopra?