C’è un paese, immerso nei ghiacci, che è davvero all’avanguardia nel rapporto fra istituzioni e social network: l’Islanda. Tanto che la nuova carta costituzionale si sta scrivendo sul Web.
Ha dell’incredibile soltanto a pensarci, soprattutto in Italia dove ancora stiamo a discutere di quanto la Rete influenzi o meno la politica, eppure il paese con la legislazione più aperta verso Internet (tanto da ospitare i server di Wikileaks) sta davvero riscrivendo le sue regole grazie ai social network.
Il primo caso mondiale di Costituzione crowdsourcing si sta verificando grazie anche alle condizioni ideali dell’Islanda: soltanto 320 mila abitanti, di cui due terzi con un account (record imbattibile), e una particolare trasparenza dell’assemblea che in Parlamento sta redigendo concretamente il testo.
In pratica, l’avanzamento dei lavori della Costituente viene trasmessa in diretta streaming su Facebook, e sui social network i cittadini contribuiscono alle correzioni, ai suggerimenti, al dibattito. Proviamo a immaginare: come se nel ’46-’47 avessimo potuto essere presenti alle accese diatribe tra Enrico De Gasperi e Palmiro Togliatti.
Tra un tweet, un video su YouTube, un contributo di immagini su Flickr e un like su Facebook, la discussione procede. Quando il testo sarà pronto, ci sarà una consultazione referendaria per la sua approvazione.
Ce lo domandiamo anche se ci pare di conoscere già la risposta: quando accadrà qualcosa di simile anche da noi?