Sono questi i giorni di Alitalia. E sono stati questi i giorni dell’incontro con Bernabé. In un caso come nell’altro (con sullo sfondo la musica tetra proveniente da Wall Street), la riflessione si è dovuta scontrare con la dura realtà ed i freddi numeri dell’economia. Volere e non potere. E mentre Alitalia cammina sull’orlo del precipizio, Telecom Italia manda il proprio Amministratore Delegato nella fossa dei leoni, in una sala gremita di “perfidi” blogger pronti a giocarsi la pelle dell’impavido sfidante. Finisce a tarallucci e vino, però, e della realtà dell’incumbent si sa poco o nulla di diverso.
Qualcosa, però, emerge da quell’incontro. Ed emerge anche dai dati che parlano della banda larga in Europa. Ed emergono conferme, conferme di conferme, un perpetrarsi di uno status quo che fotografa una situazione talmente poco cangiante da sembrare sempre uguale.
Per questo ci si ritrova per l’ennesima volta a chiosare allo stesso modo: l’Italia cresce, ma non abbastanza. L’Italia investe, ma non abbastanza. L’Italia è solida, eppure traballa. L’Italia potrebbe, ma non sa decidersi. Ed i numeri, marmorei, eccoli piombare di nuovo sullo stivale con perfida puntualità a ricordare che il tempo passa e le occasioni perdute aumentano: «L’Italia è al 25esimo posto nell’indice globale di competitività IT del 2008 elaborato dall’Economist Intelligence Unit».
Che detto così, con un piccolo slittamento dalla 23esima posizione dello scorso anno, potrebbe quasi essere una nota priva di contorni troppo plumbei. Ma i numeri, a differenza delle persone, non mentono. «In Italia ogni 100 abitanti ci sono 37 computer, 18 connessioni a banda larga e 54 connessioni alla rete, ben al di sotto degli standard europei. Anche il commercio elettronico è molto poco sviluppato, secondo lo studio». E continua Reuters: «Quanto al capitale umano, l’Italia è 17esima, due posizioni più avanti rispetto al 2007. Sono 700.000, secondo lo studio, i lavoratori del comparto IT, un numero molto basso se rapportato alla popolazione». Infine l’aggravante (va notato come la ricerca sia stata commissionata dalla Business Software Alliance, agenzia particolarmente sensibile sull’argomento): «Quanto al quadro normativo di riferimento, nonostante il livello di protezione della proprietà intellettuale sia buono, il tasso di pirateria e contraffazione è tra i più alti dell’Europa occidentale».
Il report prende in esame una fitta schiera di parametri per stilare il giudizio finale sullo stato di salute del settore nei vari paesi considerati: « l’ambiente economico complessivo, lo sviluppo delle infrastrutture tecnologiche, la disponibilità di capitale umano qualificato, la normativa sul copyright, lo stato di ricerca e sviluppo e il supporto allo sviluppo del comparto IT». In nessun caso l’Italia sembra eccelere e, anzi, da più parti c’è una fotografia grigia della nostra situazione.
A partire dall’ecommerce. L’indagine fa riferimento ai dati dell’Istituto Nazionale di Statistica nel sottolineare come appena l’1% del venduto totale sia passato attraverso transazioni business-to-consumer online, il che posizione il nostro paese molto più indietro rispetto ai livelli raggiunti da Stati Uniti o Germania. Scarso anche il capitale umano impiegato nel settore IT, nonché il capitale destinato a ricerca e sviluppo: eravamo 22esimi nel mondo lo scorso anno, siamo 24esimi oggi (con casistica particolarmente penalizzante in relazione all’impegno in R&D proveniente dal settore imprenditoriale: 1.47 dollari per ogni persona contro i 9.48 della Svezia). Un piccolo, timido, plauso è dedicato solo all’e-Gov, una sorta di mosca bianca in un quadro privo di positività.
Curioso è notare l’intrigante parallelismo tra questo tipo di classifica (composita, organica, complessa) ed il semplice ranking dei paesi con maggior copertura broadband. A parte alcuni casi, i due fenomeni sembrano davvero procedere di pari passo, anche se non tutti sono d’accordo sulla direzionalità del rapporto causa/conseguenza tra i fattori. Bernabé, nell’incontro di Rovereto, ha infatti ad esempio addebitato la scarsa copertura italiana all’alto tasso di analfabetismo informatico esistente ad oggi. I più hanno contestato (a posteriori) tale tesi, ricordando come in assenza dell’infrastruttura vengano meno le condizioni per un approccio allo strumento ed al suo uso conseguente. Punti di vista, con Bernabé peraltro nella difficile posizione di dover difendere l’indifendibile.
Più semplicemente, il report ha correlato la penetrazione del broadband e la spesa IT pro-capite. Il parallelismo (anche in questo caso con ovvie eccezioni a confermare la regola) è puntualmente confermato, evidenziando la bontà delle teorie di quanti sostengono lo stretto legame intercorrente tra sviluppo della banda larga e performance economiche: