«L’Italia sembra l’unica fra le grandi economie del mondo a non avere ancora un piano per la diffusione della banda larga. Proponiamo di fissare un obiettivo obbligatorio di servizio universale: garantire un accesso minimo a internet per tutti i cittadini entro il 2011»: sono queste parole pronunciate dall’ex-ministro per le Comunicazioni Paolo Gentiloni. L’occasione è quella del convegno “L’Italia in Rete“, evento che peraltro giunge nelle stesse ore in cui online si diffonde il documento ufficiale con cui Francesco Caio ha proposto la propria cura per un’Italia del Web ormai al capezzale.
«La Rete sarà sempre più al centro della nostra vita, molto di più di quanto potrebbe sembrare guardando i media tradizionali o scorrendo le agende della politica […] Si dirà che in tempi di crisi ci sarebbero argomenti più solidi sui quali concentrarsi. È vero il contrario: proprio da crisi acute come quella che stiamo vivendo può venire un nuovo impulso all’economia della conoscenza. E l’Italia non può restare indietro». I presupposti sono positivi: un impegno chiaro in favore della Rete, uno sbilanciamento importante nei confronti di un impegno non più prorogabile.
Tra il dire e il fare, però, c’è molta roba. C’è Telecom Italia, c’è la crisi economica e vi sono tutte quelle rendite di posizione che già fermarono Gentiloni ai tempi del suo ministero ed oggi bloccano l’attuale Governo su posizioni di imbarazzante conservazione dello status quo del quadro dei media nazionali. Oggi il Partito Democratico può esprimere i propri programmi con la libertà di chi si trova al di fuori dalle posizioni decisionali, e pertanto il manifesto diventa chiaro e condivisibile: «I nostri 12,2 milioni di accessi in banda larga sono il 20% del totale, ben al di sotto della media europea (25%), anche se siamo tra i primi al mondo negli accessi in banda larga da rete mobile. Abbiamo tuttora un serio digital divide (analfabetizzazione informatica) che investe tra il 7 e il 13% degli italiani». Come risolvere tutto ciò? Almeno 2 Mb per ogni accesso entro il 2011: «Un obiettivo che richiederebbe un investimento pari a 900/1000 milioni per il prossimo triennio»
E se il problema dell’offerta spesso viene reso ancor più problematico da una domanda carente e scarsamente strutturata, la proposta del PD va anche in tale direzione. Un ruolo fondamentale viene proposto, in quest’ottica, alle strutture della RAI. L’altro lato della medaglia è invece quello dell’ecommerce, da cui si potrebbero stimolare acquirenti e venditori ad un nuovo incontro vantaggioso che sulla Rete possa maturare nuovi mercati e nuove opportunità. Spiega il comunicato del PD:
- «la possibilità di introdurre un regime di agevolazioni Iva per le transazioni on line. L’obiettivo è quello di ridurre il ritardo, tutto italiano, nell’e-commerce che attesta un misero 7% di utilizzo contro alla media europea apri al 25% e costruire la fiducia degli utenti nei confronti dei pagamenti elettronici»;
- «assegnare alla Rai, alla stregua di quanto sta accadendo con iPlayer per la Bbc, il ruolo chiave per l’alfabetizzazione all’uso della Rete e per la diffusione di nuovi servizi di entertainment on line. In altri termini ripetere quanto fatto 50 anni fa per la diffusione della lingua italiana».
Il resoconto ufficiale che segue il convegno sottolinea altresì la proposta di lungo periodo che dovrebbe portare le reti di prossima generazione a disposizione degli italiani. L’idea è quella di investire innanzitutto nelle aree metropolitane, ove il ritorno sarebbe fin da subito massimale: «Partendo da queste aree si può raggiungere l’obiettivo di mettere a disposizione reti di prossima generazione per il 30% della popolazione entro il 2016. alcune regole essenziali potrebbero presiedere a questo modello territoriale: penso a un catasto dei cavidotti e il relativo monitoraggio delle opportunità, a ulteriori facilitazioni delle procedure pubbliche di messa in opera della fibra. Lo sviluppo graduale delle Ngn a partire dalle aree metropolitane e dalla forza specifica dei nostri territori va poi integrato con il potenziamento degli accessi in banda larga wireless. Una cosa è certa: non possiamo rassegnarci all’idea che il nostro sia l’unico paese europeo a non prevedere un digital dividend di spettro a favore di servizi innovativi alla conclusione della digitalizzazione televisiva».