No, Facebook. Così non va. Il dito è puntato ed il tono è minaccioso. E la firma, soprattutto, è quella del Working Party Art.29, comitato composto da garanti nazionali per la privacy e membri di European Data Protection Supervisor e Commissione Europea. Il monito è dunque severo e diretto, nonché autorevole. Col senno del poi, la riunione globale del team Facebook aveva probabilmente un motivo ben fondato: la minaccia arriva non soltanto dalla fiducia lesa degli utenti, ma anche dalla minaccia di una autorità che, se prendesse la situazione in mano, potrebbe imporre gravi sanzioni alle attività del social network.
L’intervento del Working Party Art.29 è contenuto in una lettera, inviata a Facebook e pubblicata sul sito della Commissione Europea (pdf): «Il Working Party Art.29 […] in una lettera ha riferito oggi a Facebook che è inaccettabile che il gruppo cambi radicalmente i settaggi di default della propria piattaforma di social networking […]. Facebook ha realizzato questi cambiamenti appena pochi giorni dopo che il gruppo ed altri siti di social networking hanno partecipato ad un’udienza durante la conferenza plenaria del Working Party Art.29 del Novembre 2009. Il Working Party Art.29, che ha tenuto la sua 75esima sessione plenaria in Bruxelles il 10 e l’11 Maggio 2010, ha inviato lettere a 20 operatori di social network che hanno siglato il “Safer Networking Principles for the EU”».
Quel che vien chiesto a Facebook è la garanzia per cui i dati degli utenti possano avere accesso esterno soltanto con libero ed esplicito consenso dell’utente stesso. Il documento, insomma, boccia l’approccio “opt-out” del network di Zuckerberg e chiede che si torni ad un regime differente nel quale l’utente ha in mano il pieno controllo delle informazioni liberamente affidate al sistema.
La Commissione Europea esprime tramite il Working Party Art.29 l’intenzione di sviluppare una piattaforma comune internazionale per la regolamentazione dei social network, così da imporre regole precise ad un modo che sta facendo incetta di dati personali senza che adeguate normative ne regolamentino l’uso, la gestione e l’accesso.
La lettera a Facebook è in ogni caso una sorta di cartellino giallo: la Commissione Europea ha fatto sentire la propria voce ed ha lasciato intendere come non intenda sopportare oltre la situazione: se Facebook non interviene sul modus operandi intrapreso, l’UE potrebbe essere pronta ad intervenire.