Pochi giorni or sono Intel aveva alzato la voce contro la Commissione Europea, denunciando la scarsità di prove nel caso che ha già portato ad una prima condanna da 1.06 miliardi di dollari. Intel, con una sortita pubblica dai toni particolarmente caldi, ha chiesto alla Commissione informazioni aggiuntive, contestando l’impossibilità di difendersi in assenza di documenti cruciali per il processo. Questi documenti sono però ora pubblici, con la Commissione lanciata in contropiede a sfidare le contestazioni dell’azienda sotto accusa.
La documentazione consta in una serie di email che, secondo la Commissione, proverebbe le pressioni di Intel su produttori e rivenditori al fine di tenere AMD fuori dal mercato. Le email proverebbero gli scambi tra Intel e gruppi quali Dell, Hewlett-Packard, Lenovo ed Acer. Le irregolarità sarebbero pertanto riconducibili alle forti pressioni sui gruppi in trattativa, e configurerebbero invece una strategia organica tale da imporre pesanti limitazioni alle possibilità di mercato della controparte.
Il processo si svolgerà ora sul filo di un rasoio, poiché c’è un miliardo di euro pendente dall’interpretazione di una serie di email. Queste ultime, infatti, potrebbero diventare l’arma della difesa, la quale tenterà presumibilmente di dimostrare come non vi siano prove fattive della pressione denunciata dall’accusa. Le trattative, insomma, sarebbero frutto di un normale dialogo di mercato e gli sconti non avrebbero natura illegale. La Commissione, per contro, dovrà difendere la propria posizione e le email sono al momento le uniche prove evidenti dell’accaduto.
In aggiunta alle email emergono anche tutta una serie di documenti interni, tra i quali un report interno di Hewlett Packard nel quale il gruppo ammette l’importanza di acquistare grossi quantitativi di merce da Intel per poter accedere a prezzi di favore. Omologo documento di analisi giunge da Dell, ove le ritorsioni di Intel avrebbero potuto essere «gravi e prolungate, con impatti su tutte le linee di business» se non si fossero rispettati i patti. La trasparenza delle procedure sembra essere violata in vari passaggi, nei quali sconti e pagamenti vengono tenuti a conoscenza di pochi responsabili e con stretto riserbo a protezione delle informazioni concernenti gli atti delle contrattazioni.
Parte della documentazione è stata resa pubblica in Rete dalla Commissione Europea e sembra essere sufficiente a dimostrare la non neutralità delle trattative portate avanti: le pressioni sarebbero state effettive e pesanti, tali da perseguire il mantenimento della posizione di forza del gruppo nei confronti della concorrenza. Secondo la Commissione Europea, insomma, non serve altro: le prove parlano. AMD, nel contempo, festeggia: «Questa è la prima volta in cui Intel deve confrontarsi con i fatti del proprio illecito in pubblico, e potrebbe non essere l’ultima».