Prosegue a passi da gigante la ricerca sulle protesi robotiche, anche se c’è un’ostacolo difficile da superare, cioè quello di restituire il senso del tatto agli amputati. Il tatto consente anche di controllare la forza che si imprime, di vitale importanza quando bisogna avere un controllo motorio adeguato per maneggiare oggetti delicati.
Da questo punto di vista c’è stato un recente aggiornamento alla Luke arm, chiamata così in onore della mano robotica di Luke Skywalker di Guerre Stellari. La protesi robotica in realtà è un braccio, come dice lo stesso nome, arrivato al suo ultimo prototipo, realizzato dell’università dello Utah, è sviluppato da Mobius Robotics e sovvenzionato dalla Darpa e la National Science Foundation. Permette di avere una rete di 100 piccolissimi elettrodi che riescono ad inviare i segnali tattili dalla protesi al cervello di chi ha perso un arto, riuscendo a restituire delle sensazioni simili al tatto.
Questo progresso ha permesso a chi lo indossa di maneggiare l’uva, sbucciare una banana e persino “sentire” la mano toccarne un’altra. Keven Walgamott ha perso la mano sinistra e parte del braccio in un incidente 17 anni fa. Quando il team di ricerca gli ha chiesto di testare questo prototipo di protesi robotica che stava sviluppando, si è offerto volontario.
“Mi ha quasi fatto piangere“, ha detto, riferendosi all’utilizzo del prototipo per la prima volta. “È stato davvero sorprendente. Non avrei mai pensato di provare di nuovo queste sensazioni” .Questo sistema è in sviluppo da 15 anni e attinge al modo in cui il nostro cervello controlla gli arti, inviando segnali attraverso il sistema nervoso.
Quando il paziente tocca qualcosa, una raffica di segnali viene immediatamente inviata al cervello. Per ora rimane un prototipo di ricerca in un laboratorio. Ma il team spera che entro il 2021 tre partecipanti allo studio possano persino essere in grado di portare a casa il loro Luke arm.