La nuova impresa in cui si è imbarcato Rupert Murdoch, ovvero Hulu, il video store che si propone di fare concorrenza ad iTunes (e che gli ha soffiato assieme ad Amazon l’accordo d’esclusiva con NBC) di tutto sembrava doversi preoccupare, ma non di un sito di libri.
E invece è proprio Lulu.com, uno dei fenomeni di internet degli ultimi tempi, paladino dell’editoria libera e fai-da-te, ad aver citato in giudizio il quasi omonimo Hulu proprio per l’eccessiva somiglianza dei loro nomi. Il sito editoriale è riuscito nel tempo a guadagnarsi una buona fetta di utenti proponendo la stampa on demand dei libri. L’autore scrive e consegna i file di testo al sito e chi desidera comprare il libro lo ordina e Lulu lo stampa e invia.
Da Lulu sostengono che la scelta del nome Hulu sia stata intenzionale da parte di News Corp. e che sicuramente creerà confusione, anche perchè, sempre secondo loro, le due società hanno almeno 22 tipologie di prodotti in comune nei loro store.
Ad ogni buon conto le motivazioni sono state espresse ufficialmente dal portavoce di Lulu, Ken Peters: «la causa ha l’unico obiettivo di far desistere Hulu dall’usare quel nome per evitare confusione nel mercato tra le due piattaforme di contenuti digitali, specialmente per quei 1,2 milioni di utenti Lulu. È chiaro che dobbiamo muoverci rapidamente per proteggere la nostra proprietà intellettuale e difenderci da questa violazione, prima che possa danneggiarci in modo significativo»
Meno contenuto e più verace è stato Robert Young, CEO della casa editrice online, nello spiegare le motivazione del gesto: «abbiamo speso cinque anni e decine di milioni di dollari per costruire il marchio Lulu e trasformare il sito in un luogo dove milioni di autori e consumatori pubblicano, comprano, vendono e gestiscono contenuti digitali»