Quando decidi di acquistare Sky, fai una scelta molto importante. Questo perchè decidi non soltanto un acquisto, ma una direzione. Decidi di aderire ad una certa filosofia, ad un certo modo di fruire dei contenuti, ad instaurare un sodalizio profondo. Quando decidi che Sky fa al caso tuo decidi in un momento solo quale decoder si posizionerà di fianco alla tua tv, quale telecomando userai nei mesi a venire, quanta spesa mettere in conto a fine mese. Sky in cambio ti darà contenuti selezionati, pubblicità con particolari format, alta o bassa definizione, il tutto secondo regole e consuetudini che ne contraddistinguono la presenza sul mercato.
Dopo anni e anni di navigazione aperta su browser, la rete sta ora facendo un passo indietro e, tramite i tablet, si avvicina in parte a quella che è l’offerta televisiva. Ogni applicazione è un programma, e l’iPad è il nostro simulacro di offerta Sky. Quella che in tv è una piattaforma satellitare, nelle nostre mani è un tablet. Acquistare l’iPad, però, non significa soltanto acquistare un device. Steve Jobs l’ha chiarito con forza con la sua lettera ad Adobe, nel quale ha chiuso ogni porta nella programmazione ed ha così meglio definito la propria piattaforma ed il proprio rapporto con gli utenti, gli sviluppatori e tutti quanti possano nutrire interesse in quella che è le decisione di Murdoch (ehm.. di Jobs) per la propria azienda.
Metafora azzardata? Chissà, il tempo sarà giudice. Ma il rischio c’è. È questo il pregio/virtù dei tablet i quali, nel nome della semplicità, stanno limitando le scelte dell’utente ad una serie di icone da posizionare su un desktop portatile. Si potrà dire che c’è il browser, si. Ma il browser altro non è se non uno dei canali, all’interno del quale l’offerta sarà comunque limitata e conformata da standard tollerati o meno. Se dunque l’iPad impone una limitazione degli streaming, non si potrà parlare di libertà piena perchè, semplicemente, gli streaming non saranno abilitati se non attraverso accordi futuri tra Apple, produttori di contenuti e carrier.
L’iPad diventa dunque una sorta di nuovo telecomando, sul quale vi sono tanti pulsanti quante sono le icone che si decide di raccogliere sulla scrivania estesa a disposizione. La capacità di memorizzazione del dispositivo e l’area a disposizione dei polpastrelli delineano i contorni del possibile, il browser è una finestra aperta sull’esterno (alla quale affacciarsi, ma dalla quale non uscire) e l’utente non dovrà decidere, ma scegliere. E son due cose diverse, perchè pescano una in un insieme infinito e disordinato, l’altra in un insieme finito, ordinato e oneroso chiamato App Store.
L’iPad è una piattaforma che ha imposto regole proprie e nessuna sovrastruttura. Chi porta contenuti su iPad, dunque, lo farà a caro prezzo e probabilmente in esclusiva, riponendo le proprie speranze nella ricchezza dell’ecosistema di Cupertino. L’utente paga un prezzo mensile per accedere alla piattaforma 3G, paga il singolo programma per poterne fruire in “Primafila” e tutto ciò accettando consenzientemente le scelte tecniche ed editoriali di chi gestisce il tutto (e che tutto finanzia con un sistema proprio di pubblicità: iAd ne è la prova).
Non si possono confrontare due realtà totalmente differenti, ma si possono invece confrontare due ecosistemi che, chiudendosi su sé stessi, stanno tentando di creare sistemi autarchici che monetizzano al meglio ogni nuovo utente. Sky entra però in un mercato già ricco di suo, dal quale ultimamente sta tentando di attingere anche la nuova realtà del digitale terrestre. Il simulacro del digitale terrestre per l’iPad sarà forse identificato in Android, ed il tutto comunque nel contesto di un mercato nuovo, vuoto, in piena evoluzione ed in grado di esprimere ad oggi pochi risultati ed enormi potenzialità.
Ogni volta che si clicca su di una applicazione occorre essere coscienti di tutto ciò, perchè l’utente fa pesantemente parte di questo sistema. Il quale, ai massimi livelli, diventa una vera e propria filosofia commerciale che forgia il medium, ne indirizza le scelte strategiche ed il tutto con ricaduta diretta sull’esperienza mediatica dell’utente stesso. Non si sceglie Sky per poi lamentarsi del prezzo. Non si sceglie l’iPad 3G per poi lamentarsi dei limiti in streaming. Non si sceglie il Digitale Terrestre per vedere un’esclusiva Sky. Non si sceglie Android per poi sperare in iTunes.
Questa lunga metafora è una corsa avventurosa sul filo dell’iperbole tra Sky e l’iPad, due cose diverse che per loro natura tentano la medesima strategia. Ed è una iperbole finalizzata a contribuire al tentativo dell’utente di approfondire la propria consapevolezza. Perchè la consapevolezza è libertà. La consapevolezza è potere.