Traggo spunto dall’articolo dedicato a Facebook su Internet Magazine di questo mese, firmato Giacomo Dotta. Se non fosse che questo sarà il decimo articolo che leggo questo mese sul social network del momento, probabilmente non mi sarei soffermato nemmeno a leggere l’articolo. Ma ho detto “è Facebook”, la punta di diamante del web 2.0, almeno degli ultimi mesi.
Facebook è diverso dagli altri social network, è opinione comune, per capirlo forse bisognerebbe essere più un esperto sociologo piuttosto che un appassionato della rete, ma rimane di fatto evidente e confermato da più fonti che la popolazione di Facebook è diversa da qualsiasi altra, i suoi utenti sono per lo più universitari, persone di cultura, di giovane età e, nella maggior parte dei casi, economicamente benestanti.
Dati inutili? Non proprio! Sembra che l’interesse di molte aziende verso il social networking sia dovuto proprio a questa peculiarità, è sicuramente un mercato più appetibile per gli inserzionisti pubblicitari: target giovane, che fornisce in più la possibilità di studiare, attraverso i dati e le abitudini rivelate direttamente dagli utenti, quale pubblicità “lanciare” sulle pagine.
Vi siete mai chiesti quale sia l’utilità pratica di un social network come Facebook? Non può essere un semplice svago o semplice bisogno di comunicazione, milioni di persone vi accedono ogni mese, ma non solo per sprecare 10 minuti del proprio tempo; iniziamo a pensare ad un social network come ad un ecosistema virtuale, un lido autonomo nel panorama della rete, un sorta di nodo sociale se volessimo parlare di nodi come in una rete, che ha come funzione primaria la creazione di una community aperta. Tutto quello che avviene all’interno di esso è significativo per capire le esigenze dell’utente, che non cerca in rete solo informazioni, ma un canale comunicativo, un luogo dove lasciare annunci e in molti casi (quello di Facebook è evidente) collaborare o cercare rapporti di lavoro. Nel caso di studenti universitari l’utilità potrebbe essere racchiusa nello scambio di appunti, informazioni specifiche o semplicemente consigli.
Forse è per questo motivo che anche le grandi compagnie del calibro di Microsoft si stanno interessando all’acquisto di simili “ecosistemi”, perchè all’interno di essi non c’è una semplice community (replicabile ovunque con piccoli investimenti) quanto un ecosistema con caratteristiche proprie, diverse da qualsiasi altro, e congeniale a determinati obiettivi, pratici per gli utenti, e pubblicitari per gli inserzionisti. Iniziamo a pensare ad un’evoluzione dei social network che preveda la creazione di una vera e propria “isola” nella rete, con servizi e qualità specifiche: sembra che il futuro vada in questa direzione, l’approccio di grandi aziende è, come sempre in questi casi, un’arma a doppio taglio, da un lato potrebbe effettivamente aumentare l’utilità di questi ecosistemi, dall’altra potrebbe porre limiti non indifferenti.