Ha votato due volte di seguito, usando due account diversi, allo stesso referendum online, dal valore politico e legale. E per non essere tacciato di falso, l’ha mostrato in un video. Francesco Giganti, attivista del Movimento Cinque Stelle in Sardegna, ha sollevato un polverone, ma soprattutto una questione importante: la piattaforma di Casaleggio dà garanzie democratiche oppure no?
La pagina Facebook di Francesco Giganti è da ieri invasa da centinai di commenti, dopo che ieri ha pubblicato un video nel quale mostra di aver votato due volte sulla piattaforma del sito di Beppe Grillo, la versione casereccia del LiquidFeedback ispirata al Partito Pirata. Il video, seguito da alcuni screenshot coi quali l’utente si difende dall’accusa di essersi inventato tutto, dura solo tre minuti, nel quale si vede che l’attivista vota per due volte.
Questi giorni controllando la mia iscrizione al Movimento 5 stelle, mi sono accorto che inizialmente tempo fa avevo chiesto ad un amico di iscrivermi con i miei documenti, poi pensando non l’avesse fatta avevo proceduto io stesso ad iscrivermi con gli stessi documenti. Questi giorni casualmente ho scoperto di essere iscritto e certificato 2 volte con lo stesso nome e con gli stessi documenti, ho provato a votare la legge ed ho potuto farlo 2 volte. Mi chiedo quanto possano essere utili e vere tutte le votazioni fatte sino ad oggi? Se è così semplice farsi certificare 2 volte come il mio caso. Tutto questo apre spazi per poter pensare che si possano certificare le stesse persone all’infinito? Tutto ciò getta un ombra sulle votazioni online che sono il caposaldo del movimento 5 stelle,che ne ha fatto un baluardo di Democrazia diretta,per onestà ho voluto condividere questo fatto con tutti Voi.
Un po’ di chiarezza sui termini
La questione è molto delicata, perché al di là della cultura del sospetto, degli sforzi dei fan meno obiettivi – ai quali l’ex-attivista (ormai) ha risposto per un giorno intero con decine di commenti, immagini e spiegazioni – e al di là della doverosa distanza da frapporre tra questo genere di cose, poco riscontrabili, e il racconto giornalistico, resta sul tavolo la vulnerabilità dei sistemi di voto online. La cosiddetta “democrazia diretta” di cui tanto si parla e molto meno si sa e spesso si riflette.
La lite tra gli attivisti sardi e il M5S, dopo la delusione per la mancata candidatura alle regionali, è questione prettamente politica, mentre è tecnica la valutazione che si può fare di questa dimostrazione di debolezza, non rara in realtà, dell’ambiente delle piattaforme di voto online. Uno specialista, come Fabio Chiusi sta studiando il fenomeno da molto tempo e in più di una occasione ha rimandato ogni conclusione a studi più approfonditi. Per quale ragione? Perché in Italia non c’è neppure molta chiarezza sulle differenze tra espressioni molto spesso equivalenti secondo gli stessi “guru” del Movimento: Beppe Grillo adopera “democrazia digitale”, “democrazia diretta”, “democrazia liquida”, “democrazia partecipata”, come fossero sinonimi. Invece sono cose molto diverse tra loro.
I referendum online, ad esempio, sono un caso di sondaggio che poco c’entra con la democrazia liquida – al limite è partecipativa – che invece, al contrario, punta sull’elaborazione bottom-up del contenuto, della proposta. La piattaforma del sito di Grillo – gestita, è bene dirlo, da una società terza per quanto concerne la registrazione del voto – si limita a produrre alternative (maggioritario-proporzionale? preferenze o no?) o classifiche (la top ten dei candidati alla Presidenza della Repubblica), che rappresentano, senza offesa per nessuno, l’infanzia delle possibilità della Rete.
Chissà che questo caso non emerga dalla conferenza stampa del Partito Pirata Italiano, convocata per domani a Firenze e in diretta streaming dalle 17.30. Il Partito Pirata, infatti, usa piattaforme decisionali già dal 2011, e non ha mai nascosto le sue perplessità rispetto ai metodi più privatistici del duo Casaleggio-Grillo.