A chi non è mai capitato di non avere voglia di cucinare e di preferire il take away, sognando però di poter mangiare quelle buone lasagne della mamma? Fino ad oggi il mercato del commercio elettronico sul cibo si era focalizzato nel far incontrare la ristorazione professionale con la domanda dei clienti. C’è però un intero mondo di cibo che non aveva un suo canale, quello casalingo. Ci ha pensato una startup italiana appena nata e molto intrigante: Mamau. Loro vogliono fare il take away del cibo fatto in casa.
Quando la CEO di Mamau, Michela Franco, è salita sul palco per raccontare la sua startup in due minuti al pitch organizzato a Seeds&Chips, si è subito capito che l’idea è buona, fresca e divertente. Pur non avendo vinto, è una di quelle realtà che catturano subito la simpatia degli osservatori. D’altronde uno degli aspetti positivi di Mamau è che si spiega davvero in un minuto: invece di ordinare cibo dei professionisti, si ordina cibo preparato da una rete di appassionati di cucina. È sharing economy pura, ma col cibo. E per questo ha dovuto risolvere alcuni problemi.
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— MamaU (@mamauteam) January 18, 2015
Sicurezza alimentare e delivery
La startup ha dovuto vincere la sfida di garantire qualità e sicurezza del cibo. La soluzione è in realtà molto semplice e permette di rivelare una norma che molti ignorano, quella che regola l’HACCP, il certificato per gli addetti ad attività alimentari semplici e complesse. Basta un corso di un giorno, superato il quale si è pronti a manipolare gli alimenti secondo le norme europee che stabiliscono le misure di prevenzione ai rischi per la sicurezza alimentare e per l’igiene. Ottenuto il certificato, i ragazzi di Mamau controllano la cucina e se va tutto bene gli chef entrano nella rete. Pronti a cucinare per gli altri da casa propria, integrando la propria economia.
L’altra sfida è rappresentata dalla logistica. Per il momento Mamau è in fase beta, ha una trentina di chef pronti (70% donne) e il sistema prevede che il cliente vada a prendersi il suo piatto di lasagne “della mamma” o dei succulenti involtini coi piselli uscendo di casa. Ovviamente la società sta cercando il giusto servizio di trasporto per abbreviare il click-to-eat. «Ho pensato a Mamau perché non mi piace cucinare», confessa Michela, «ma neppure sempre uscire di casa per mangiare, per questo l’obiettivo è fare in modo che sia il cibo a venire da te; e questo genere di cibo».
Milano, sede della startup, è la città ideale per sperimentare inizialmente questo servizio che unisce in modo insolito il food ecommerce con la crowd economy. Dovesse funzionare è chiaramente scalabile all’infinito. Anche da questi esempi si comprende come questo sarà davvero l’anno dell’innovazione del cibo da tutti i punti della filiera.