Lo studio condotto in collaborazione da due team di ricercatori, della University of Bedfordshire e della University of British Columbia, dimostra che manipolare la memoria di una persona non è fantascienza. Instillare nuovi ricordi del tutto fittizi o alterarne altri reali è possibile, attraverso delle precise tecniche. Una scoperta che in futuro potrebbe avere implicazioni legali, ad esempio durante la ricostruzione di un crimine nelle aule di tribunale.
I test sono stati condotti in tre fasi su un totale di 60 soggetti, tutti adulti e senza alcun precedente penale o problema con le forze dell’ordine nell’età compresa tra gli 11 e i 14 anni. Il primo step consiste nel raccogliere testimonianze sugli eventi relativi ad un periodo particolare della loro vita (non specificato), la cui attendibilità è poi verificata con l’aiuto di parenti o conoscenti. A questo punto inizia la fase vera e propria dell’esperimento: alla prima metà del gruppo è stato fatto credere di aver commesso un crimine, un’aggressione o una rapina, mentre agli altri di aver subito un trauma, come un infortunio, un attacco da parte di un animale oppure la perdita di una importante somma di denaro.
Lo studio ha dimostrato che la manipolazione della memoria risulta efficace nel 71% dei casi quando si tratta di un crimine e il 77% delle volte per quanto riguarda un evento traumatico. Ancor più interessante il fatto che gli intervistati siano arrivati a inventare fino a dieci falsi ricordi di un atto mai avvenuto. La tecnica di manipolazione adottata consiste nel cercare inizialmente un legame con fatti accaduti realmente, per collegarli poi a quelli da creare nella memoria del soggetto.
La ricerca rappresenta il punto di partenza di un percorso che potrebbe condurre alla conoscenza approfondita delle dinamiche che regolano la creazione e l’elaborazione di quanto immagazzinato nella memoria. Prima che possa avere una qualche implicazione legale serviranno però altri test, condotti tenendo conto di alcuni possibili fattori “di disturbo”: in questo caso, ad esempio, la persona che ha condotto le interviste è stata sempre la stessa e non è da escludere l’ipotesi che il suo atteggiamento possa aver influenzato i soggetti e averli portati ad ammettere il falso. Inoltre, delle 60 persone coinvolte alcune potrebbero aver finto di riconoscere come propri ricordi in realtà palesemente inventati, solo per dimostrarsi collaborativi. Lo spunto è comunque interessante e attesta quanto potenti possano essere le pratiche di persuasione e convincimento.