«Gli United Northern and Southern Knights of the Ku Klux Klan sono alla costante ricerca di brave persone di fede Cristiana, gente onesta stanca di vedersi espropriare di tutto quello per cui ha duramente lavorato. Oggi stiamo perdendo i nostri posti di lavoro, le nostre case e la nostra libertà. Il tempo stà scadendo e, anche se non avete mai condiviso le idee del Klan nel passato, sappiate che siamo qui per batterci per la nostra Stirpe, per le nostre Nazioni, Identità e Religione»: con questo appello il sito della UNSKKKK (United northern and southern knights of the KKK) lancia il proprio appello anche in Italia, cercando adepti per una nuova stagione dei cappucci bianchi.
«Di questi tempi si parla molto di orgoglio nero, orgoglio ebraico, orgoglio ispanico e addirittura di orgoglio “gay”. Esiste solo UN segmento maggioritario della popolazione che non viene incoraggiato ad essere orgoglioso della propria discendenza e delle conquiste dei propri avi… Quel gruppo etnico è la RAZZA BIANCA». Il documento continua portando in lingua italiana un vero e proprio manifesto razzista, alla ricerca della conferma della superiorità della stirpe bianca al cospetto dell’invasione straniera. Il Ku Klux Klan non viene quindi richiamato alla memoria solo con il valore di semplice analogia: il documento ne vuole autenticamente rilanciare gli ideali, con tanto di indirizzo email da contattare per partecipare alla criminale avventura UNSKKKK. Impossibile, sulla base delle parole trascritte sul sito del gruppo, valutare il reale valore del documento.
Una cosa è chiara, però: se non fosse stato per l’improvvisa pubblicità offerta da un Ministro della Repubblica, la pagina sarebbe passata quasi inosservata, raggiunta soltanto tramite ricerche specifiche da parte di chi già nutre in sé il seme del razzismo. La notorietà del documento, invece, deve a Mara Carfagna la propria pubblica presentazione: «Se non ci fossero in ballo diritti fondamentali sanciti dalla nostra Costituzione come quello dell’uguaglianza e ci trovassimo di fronte a un vero e proprio inneggiamento all’odio nei confronti delle minoranze, l’apertura di una sezione italiana del Ku Klux Klan in Italia meriterebbe di essere semplicemente ignorata, per evitare una controproducente risonanza […] Purtroppo, però, questa pagliacciata può diventare pericolosa, perché ci troviamo di fronte a persone che incitano nostri cittadini a discriminare neri, omosessuali, persone dall’orientamento religioso diverso dal nostro e lo fanno su siti e canali di comunicazione internet molto utilizzati dai più giovani e visibili a tutti, compresi i bambini. Ritengo quindi che, oltre a una severa condanna da parte di tutto il mondo politico, sia importante che gli organismi preposti al controllo della Rete, intervengano per evitare la diffusione di messaggi così negativi e incivili. Che, certo, non possono avere cittadinanza in un Paese profondamente democratico e maturo come il nostro».
La Carfagna, oggi Ministro per le Pari Opportunità, ha pubblicato la propria condanna sul blog personale. L’eco generale è stata tale per cui la pagina incriminata ha raggiunto improvvisa e inattesa popolarità. Si ripropone, su differente scala e con modalità differenti, un problema che sembra ormai presentarsi cadenzialmente e sempre con incipit proveniente da ambienti istituzionali: il problema sta nell’espressione in Rete o nell’interpretazione e nell’uso dei contenuti della stessa? Soffocare talune espressioni non rischia di esaltarne l’esposizione aumentando i rischi ed ottenendo pertanto l’effetto contrario rispetto a quanto desiderato? La condivisione per le parole del Ministro Carfagna è estesa e totale su tutti i media ed in tutti i commenti della prima ora: l’attrito è invece generato dalle modalità, dall’attribuzione delle responsabilità, dalla ricerca di un intervento censorio sul Web come metodo risolutivo per la cancellazione del problema.
Sul tema specifico è chiaro ed esaustivo il punto di vista espresso da Vittorio Zambardino per Repubblica.it: «non sarebbe meglio inaugurare in Italia la prassi e il principio che l’espressione abominevole resta dov’è e sono da reprimere le connesse pratiche? Anche perché è forte il sospetto, quasi una certezza, che, chiuso il sito, si ritenga risolto il problema». Rimane in auge, però, un dubbio ulteriore: dopo la maxi-denuncia di Cuffaro, le pressioni sul gruppo anti-Berlusconi ed ora il sito del nuovo Ku Klux Klan, alla luce di un’Italia nella quale metà dei cittadini non ha mai avuto il minimo contatto con la Rete, sembra si stia preparando il campo ad un intervento normativo stringente in grado di rispondere agli allarmi improvvisamente emersi. Nel caso, peraltro, non sarebbe nemmeno la prima volta.