Forrester ha recentemente pubblicato un report sull’atteggiamento tenuto dalle aziende nei loro investimenti di marketing sui social media e il quadro che ne emerge, tra luci e ombre, non è propriamente lusinghiero.
Nel suo report (scritto tra l’altro in regime di “Client Choice”, cioè commissionato dalla Forrester su richiesta dei suoi clienti), Jeremiah K. Owyang evidenzia che, sebbene l’investimento marketing sui social media negli U.S.A. sia in crescita, le aziende non sembrano ancora in grado di attuare strategie di marketing realmente integrate, di ampio respiro e a lungo termine.
Nella difficoltà di prevedere gli esiti di una campagna e di giustificare investimenti futuri, in assenza di strategie a lungo termine e dovendo spesso procedere per tentativi (quasi sempre nella postura di chi vuole o deve “provare” e “fare esperimenti”) chi si occupa di marketing non ha vita facile sul fronte dei “social media”. Eppure questo viene percepito come un fronte decisivo per il presente e per il futuro, come sembra attestare la persistente crescita degli investimenti anche in tempo di crisi.
Un’altra lacuna da colmare è quella relativa all’integrazione di figure professionali come i “media strategist” (coloro che dovrebbero elaborare le strategie complessive del posizionamento di un’azienda o di un brand sui media “broadcasting” e “social”) e i “community manager” (che dovrebbero avere un ruolo di responsabilità crescente per la gestione e la rendita degli investimenti sulle piattaforme mediali interattive).
Utilizzando una terminologia classica, si può notare con B.L. Ochman che le aziende nel complesso e i loro responsabili del budget di marketing si trovano davanti a nuovi rebus relativi all’allineamento tra “tattiche” e “strategia”. Nel suo post su Whatsnextblog.com, Ochman chiarisce questo punto con l’esempio di Google: le tattiche consistono nell’offerta di servizi gratuiti (strumenti di ricerca differenziati, email, strumenti di scrittura, mappe, spazio blog, applicazioni varie e così via), ma tutto questo si regge su una strategia di fondo, che è quella di generare con continuità abbastanza traffico per “garantire il ROI agli investitori” e i propri profitti.
La sfida è quella di non limitarsi soltanto a procedere per tentativi, ma di iniziare a ripensare complessivamente le proprie tattiche sul fronte “social” nel quadro di strategie di marketing coerenti. Tenere conto dell’evoluzione delle piattaforme mediali richiede anche di non trascurare la ricerca di nuove figure professionali (come i “media strategist” evoluti e i “community manager” a cui allude Owyangs), capaci di integrarsi nei nuovi assetti della comunicazione interna ed esterna. Ma quante aziende si rapportano oggi ai differenti social media con una reale capacità di declinare tutte le tattiche possibili attorno ad una strategia precisa?