Alla fine degli anni ’60, Stanley Kubrick in “2001: Odissea nello Spazio” ha immaginato una tecnologia per la comunicazione fra la Terra e gli astronauti, in modo da aiutare quest’ultimi a combattere la solitudine di un viaggio nelle profondità del cosmo. Ora che si inizia a parlare in termini concreti di missioni umane su Marte, sistemi di questo tipo potrebbero passare dall’essere esclusivamente una trovata cinematografica a diventare veri e propri strumenti di bordo.
Un viaggio di andata e ritorno verso il pianeta rosso costringerebbe a restare lontani da casa per anni. Oltre ai potenziali rischi per la salute, chi lo intraprenderà dovrà necessariamente fare i conti anche con un isolamento forzato. La realtà virtuale potrebbe tornare utile, fornendo una soluzione al problema. Lo sostiene un progetto nato dalla collaborazione fra il team Smart Information Flow Technologies della NASA e l’azienda 8i, finalizzato alla realizzazione di contenuti che un giorno potranno tornare utili agli esploratori dello spazio per sentirsi meno lontani da casa e dai propri cari.
Alcuni di quelli già realizzati sono costituiti da messaggi di Buzz Aldrin (il secondo astronauta a mettere piede sulla Luna con la missione Apollo 11) e dall’artista Reggie Watts che improvvisa una sessione di beatbox. Le clip saranno utilizzate nell’ambito della simulazione HI-SEAS (Hawaii Space Exploration Analog and Simulation) del 2017 organizzata dalla NASA, che all’interno di una postazione allestita sulle pendici del vulcano Mauna Loa delle Hawaii simula una missione su Marte.
Una partnership siglata dall’agenzia spaziale con il Time porterà le clip anche sulla piattaforma Life VR del settimanale statunitense. I contenuti potranno essere visualizzati da chiunque in possesso di un visore basato sulla tecnologia Cardboard e, per il futuro, è prevista l’introduzione del supporto ai modelli HTC Vive e Oculus Rift.