Con questo articolo, ci rivolgiamo oggi alle sole donne, parlando infatti di una tematica tanto delicata quanto importante: la maternità in rapporto al lavoro.
Ecco l’enciclopedia del Web, Wikipedia, quale definizione iniziale offre:
Secondo il diritto del lavoro italiano, con l’inizio dell’attività lavorativa si costituisce automaticamente un rapporto previdenziale avente ad oggetto l’erogazione di un trattamento economico sostitutivo del reddito temporaneamente perduto a seguito di una maternità.
A godere del suddetto rapporto previdenziale, sono tutte le lavoratrici autonome, libere professioniste e quelle iscritte alla IV gestione INPS. Inoltre, titolare è anche il padre, autorizzato ad assentarsi dal proprio lavoro in sostituzione della madre, nei periodi di astensione obbligatoria e facoltativa.
Ma come si comporta la legge, in protezione delle donne in maternità? Viene fissato, innanzitutto, un periodo di astensione obbligatoria dal lavoro, pari a un totale di cinque mesi: due precedenti alla presunta data del parto, e tre successivi, per accudire al meglio il nuovo nato.
A quanto detto, si aggiunge un periodo facoltativo riconosciuto a entrambi i genitori, di dieci mesi complessivi, validi per i primi otto anni d’età del bambino. Inoltre, la donna ha diritto a due ore giornaliere per l’allattamento.
Naturalmente, la copertura dell’indennizzo è differente per le due astensioni sopra esplicate: in quella obbligatoria, si verrà retribuiti per l’80% della propria paga giornaliera media; la percentuale si abbassa al 30% nell’astensione facoltativa.
Sotto l’aspetto fiscale, tutte le prestazioni economiche per maternità sono finanziate con il contributo di malattia, ad eccezioni dell’indennità da allattamento.