Il procuratore di New York ha annunciato l’accordo trovato con sette multinazionali tecnologiche per una sanzione da 553 milioni di dollari, al centro di una class action federale degli stati dell’Arkansas, California, Florida, Michigan, Missouri, New York, West Virginia e Wisconsin. L’ultimo capitolo, insomma, di una battaglia contro un trust sospettato di aver tenuto alti i prezzi dei monitor LCD contro le leggi della concorrenza.
Nomi di aziende taiwanesi (Chi Mei Innolux Corporation, Chunghwa Picture Tubes Ltd., HannStar Display Corporation) e di colossi famosi come Hitachi, Samsung Electronics e Sharp, liquideranno così enti governativi e associazioni di consumatori mettendosi alle spalle una storia cominciata nel 1999 e sfociata nel 2006 in una denuncia partita in Giappone e Corea che svelò una collusione di produttori di schermi LCD per gonfiare ad arte i prezzi dei prodotti. Il tutto causando, secondo le stime, quasi un miliardo di dollari di danni all’economia statunitense.
Secondo la denuncia, produttori giapponesi, coreani e taiwanesi insieme alle loro affiliate americane, hanno cospirato nel primo quinquennio del duemila per produrre un tipo di schermo a cristalli liquidi, il TFP, essenziale per computer, portatili e televisori, vendendolo a un prezzo molto più alto del dovuto. Nella cifra monstre dell’accordo, rientrano così le coperture per i reclami indiretti dei cittadini che hanno partecipato alla class action, i risarcimenti agli stati e le sanzioni pecuniarie.
L’accordo prevede che Samsung paghi 240 milioni, Sharp 115,5 milioni, Chimei Innolux 110,3 milioni; Hitachi Display pagherà 39 milioni, HannStar 25,7 milioni, Chunghwa Picture Tubes 5,3 milioni e la Epson Imagingb 2,9 milioni. L’accordo prevede anche un impegno fattivo delle aziende nel contrasto alla concorrenza sleale, collaborando a programmi di conformità antitrust e cooperando con le procure per i procedimenti in corso verso altre aziende che possono aver partecipato al cartello.