Niente da fare, Kim Schmitz, detto Dotcom, il fondatore di Megaupload rimarrà in carcere, nonostante la richiesta di scarcerazione proposta da suoi avvocati difensori. Kim Schmitz, 37 anni di origine tedesca, rimarrà quindi dietro alle sbarre almeno sino al 22 febbraio. Le motivazioni che hanno fatto decidere il giudice neozelandese David McNaughton a non concedere la libertà al fondatore di Megaupload sono da ricercarsi nel rischio che l’imputato si desse alla fuga facendo perdere le sue tracce.
Ovviamente gli avvocati difensori del guru del file sharing si sono dati subito immediatamente da fare facendo ricorso, sostenendo tra le altre cose che le attività di Megaupload sarebbero paragonabili a quelle di Youtube. In buona sostanza se davvero il network aveva infranto le leggi sul Copyright era più giusta una causa per violazione di Copyright piuttosto che la chiusura totale del network seguita dall’arresto in massa dei suoi responsabili.
Si complica ulteriormente la vicenda di Megaupload e del suo fondatore che in queste ore sta scatenando nuove proteste un po’ da tutto il mondo con gli utenti che che chiedono la liberazione di Kim Schmitz e la riapertura di Megaupload, accusando apertamente le autorità americane di attentato alla libertà della rete. Sempre in queste ore è arrivata anche la notizia su quella che sarebbe stata la motivazione che ha portato all’oscuramento di Megaupload.
Sino a oggi pensavamo che il problema fosse sull’intero network e sulla sua condotta e invece si scopre che la “colpa” è da ricercarsi nel servizio “Megabox Digital Jukebox“. Pochi sanno cosa fosse e altro non era che una piattaforma beta che avrebbe consentito a Megaupload di diventare un distributore di contenuti multimediali come musica e film. In pratica MegaBox Digital Jukebox altro non era che una sorta di iTunes dove chiunque avrebbe potuto scaricare musica e film a prezzi vantaggiosi e gli artisti avrebbero potuto ricavare sino al 90% sul prezzo di vendita.
Questa piattaforma, a sentire i ben informati, avrebbe infastidito non poco le grandi case di distribuzione che temevano una scalata di Megaupload nel settore digitale. Non è detto che questo pettegolezzo sia davvero la verità, ma tanto basta a suscitare qualche sospetto…