Mehr, questo il nome del sito lanciato nei giorni scorsi in Iran come alternativa a YouTube. La piattaforma dedicata al video sharing gestita da Google non è infatti raggiungibile dal territorio mediorientale ormai da oltre tre anni, più precisamente dall’elezione di Mahmud Ahmadinejad alla guida del paese. Un primo temporaneo blocco risale al dicembre 2006, quando il Mutawwi’a (Comitato per l’imposizione della virtù e l’interdizione del vizio) ha giudicato il servizio immorale per via dei filmati contenuti.
L’obiettivo di Mehr, stando ai suoi promotori, è quello di attrarre tutti coloro che parlano il farsi e promuovere la cultura iraniana. Chi naviga sarà dunque in grado di caricare video da condividere, oppure guardare quelli messi a disposizione dal network IRIB (Islamic Republic of Iran Broadcasting). Al momento l’indirizzo www.mehr.ir non risulta raggiungibile, dunque non è possibile valutare la bontà del lavoro svolto da un punto di vista prettamente tecnico.
Spostando l’attenzione invece sulle ragioni che hanno spinto l’Iran a censurare YouTube (così come altre piattaforme, Facebook e Twitter in testa), in molti hanno già espresso in passato le loro perplessità. Il paese ha già confermato l’intenzione di lanciare una propria rete interna alternativa a Internet a partire dal prossimo anno, impedendo così di fatto parzialmente l’accesso della popolazione ai contenuti pubblicati dalla stampa internazionale.
Attualmente circa la metà dei cittadini iraniani si connette al Web e un numero non indifferente di loro, proprio per superare i blocchi imposti dalle istituzioni, ricorre a VPN (Virtual Private Network) per aggirare la censura, ma la vendita o l’utilizzo di questi software è ritenuta illegale. L’atteggiamento del paese islamico ha ricevuto aspre critiche anche dagli Stati Uniti, che hanno già minacciato pesanti sanzioni nel caso in cui Ahmadinejad non decida di ripristinare il libero accesso alle informazioni della grande Rete.