Nel 1971 Leon Chua, professore dell’Università di Berkeley in California, teorizzò l’esistenza di un quarto elemento fondamentale della teoria dei circuiti, che possiede proprietà non riproducibili dalla combinazione degli altri tre elementi, resistore, condensatore e induttore.
L’esistenza del memristore (unione delle parole memoria e resistore) è stata finalmente provata grazie ai ricercatori dell’HP Labs.
Dopo aver proposto un modello fisico e matematico in grado di soddisfare quanto teorizzato da Chua, il laboratorio di ricerca di HP è stato in grado di realizzare un primo prototipo funzionante utilizzando la nanotecnologia.
Nonostante la teoria affermi che il valore della “memresistenza” sia data dalla variazione del flusso magnetico in funzione della carica elettrica, il dispositivo non usa né un flusso magnetico né immagazzina una carica elettrica, ma invece fornisce una resistenza dipendente dalla storia della corrente, usando un meccanismo chimico.
Il prototipo realizzato da HP è composto da una sottile pellicola (5 nm) di diossido di titanio inserita tra due elettrodi. La pellicola presenta due strati, uno dei quali caratterizzato da un leggero impoverimento di atomi di ossigeno. Le lacune di ossigeno fungono così da portatori di carica, causando una minore resistenza nello strato impoverito.
Quando viene applicato un campo elettrico, le lacune di ossigeno si spostano, variando il confine tra i due strati. Per questo motivo, la resistenza complessiva della pellicola, che dipende dal numero di cariche che si sono spostate, può variare a seconda della direzione assunta dalla corrente che fluisce nel memristore.
Quindi, essendo il valore della memresistenza dipendente dallo “storico della carica” che ha attraversato il dispositivo, la capacità unica del memristore è quella di trattenere l’informazione acquisita in precedenza anche se privato dell’alimentazione.
Secondo i ricercatori si tratta di una scoperta che potrebbe rivoluzionare il settore delle memorie, sostituendo le attuali DRAM. Nel prossimo futuro potrebbero esserci memorie che conservano i dati in mancanza di alimentazione, che non si degradano a causa dei ripetuti accessi (come accade nelle memorie a stato solido), che non richiedono il caricamento dei dati dal disco rigido durante un’operazione di ripristino dallo stato di sleep. A tutto ciò si aggiunge un enorme risparmio energetico; infatti, il memristore può essere tranquillamente spento riducendo al minimo i consumi.
Un’altra applicazione della tecnologia potrebbe riguardare lo sviluppo di computer che ricordano e associano una serie di forme geometriche, replicando alcune funzioni del cervello umano. In questo modo si potrebbe migliorare la tecnologia di riconoscimento facciale e, addirittura, creare intelligenze artificiali che imparino dall’esperienza e siano dotate di capacità decisionali.