Numeri implacabili nel report annuale di Assintel, un osservatorio privilegiato che fotografa precisamente il mercato IT in Italia. Le statistiche sono tutte negative: hardware, software, servizi, calano tutti i segmenti, dalle PA al commercio alla sanità. Numeri trascinati dalla crisi economica senza eguali in cui versa il paese, con una unica nota positiva nel cloud e nei device.
Il report viene presentato tra oggi e domani a Milano e Roma dal presidente Giorgio Rapari, che si aiuta con una serie di slide molto chiare ed esaustive e che ben riassuomo la questione: dal 2008 ad oggi si sono persi 4 miliardi di euro e il calo previsto per quest’anno è del 4%. PA e Sanità oltre il -11%, Commercio, Distribuzione e Servizi a – 5,4%, Industria – 4,7%, Trasporti e Logistica – 4,8%, Telecomunicazioni -2%, le stesse Banche (il maggior spender IT) – 2,1%. Unica piccola luce il consumer, con un modesto ma incoraggiante +1% che ritrae la passione tutta italiana per i gadget.
Onnivori digitali: i dieci trend
L’Italia è un paese potenzialmente onnivoro dal punto di vista digitale, dove però si consuma molto e si produce poco. Cosa che ovviamente non fa bene all’economia. I tablet che crescono del 42%, i 28 milioni di smartphone che crescono a vista d’occhio, e con essi l’accesso al web, il cloud, e in definitiva l’economia digitale non possono colmare la crisi, perché i guadagni finiscono perlopiù oltreconfine. In ogni caso, si espande tanto velocemente che è possibile individuare dieci trend: Mobile Internet, Social media, Big Data, Internet of Things, Cloud Computing, Automazione della conoscenza, Robotica, 3D Printing, Digital Marketing, E-commerce.
Cercasi agenda digitale
Il presidente Rapari, che presenta questa indagine dell’associazione nazionale delle imprese ICT di Confcommercio, critica duramente la politica e ritiene ci sia molto da fare senza attenderla (visione legata anche al ruolo associativo)
Le parole della politica ormai sono miraggi dissolti a cui nessuno crede più, come l’agenda digitale che aspetta ancora i decreti attuativi, come la strategia nazionale per l’Innovazione che non arriva, come il credito alle piccole imprese e il sostegno agli investimenti digitali inesistente, o infine il sostegno all’occupazione attraverso la vera riduzione del costo del lavoro. Non per nulla nel Global Competitiveness index del World Economic Forum, l’Italia è quest’anno scesa al 50° posto, ma è addirittura al 118° posto per l’importanza dell’IT nella visione del Governo e al 130° per la sua promozione fatta – anzi non fatta – dal Governo.
I numeri
L’economia digitale ha stravolto il mercato e le vecchie categorie devono essere integrate, se possibile. Ecco perché il nuovo mercato IT deve comprendere gli smartphone, le applicazioni, il digital marketing, il cloud come abilitatore as a service: un mercato che vale oggi 24 miliardi di euro.
Tuttavia, come spiega il rapporto, la spesa IT nelle aziende è tutta in contrazione, soprattutto per quelle piccole: -19,7% per le micro imprese, -14,8% per le piccole, -11% per le medio-piccole, -7,4% per le medie imprese. Galleggiano solo quelle medio grandi (-0,5%) e quelle top (-0,3%).
Il budget IT incide sul fatturato meno del 2% per la stragrande maggioranza delle aziende intervistate (69%) e crescono di 8 punti le imprese che hanno budget addirittura inferiori all’1%.
La tendenza è quella di spostarsi verso budget IT esterni all’azienda, che incidono per il 54% del totale; la buona notizia è che il 20% di esso è dedicato a nuovi progetti e innovazione, primi fra tutti quelli di Mobile Computing (64%), con un aumento del 48% rispetto allo scorso anno. Le grandi aziende prevedono nel 13% dei casi un aumento della spesa IT esterna superiore al 5% nei prossimi 12 mesi.
Incredibilmente negativo il saldo sui software: per la prima volta cala decisamente a -3,2% (4.145 milioni di euro) in tutte le sue componenti. E i big data e il cloud computing non compensano. I servizi continuano la loro decennale ed infelice decrescita (-4,3%), soprattutto a causa della carenza di investimento in nuovi progetti da parte delle PMI e del downpricing delle tariffe professionali. Malissimo la formazione (-14,2%) e il Process Management (-10,3%), più contenute le perdite per la System Integration (-2,4%) e addirittura un lievissimo segno positivo per la consulenza (+0,7%) e i servizi di Application Management (+2,2%).
La morale è presto detta e ricorda ciò che si è dovuto ammettere parlando della chiusura della Mivar: perso il treno dell’hardware e del software, l’Italia è un paese che consuma troppo più di quanto produca a livello industriale e intellettuale, impiccando così gli acquirenti di questi beni e servizi. La scarsa penetrazione nelle piccole imprese e nelle pubbliche amministrazioni di una mentalità digitale ha fatto il resto.