James Bond non avrebbe mai lasciato sfuggire dettagli privati sulla propria vita, né avrebbe mai permesso a conoscenti fidati di portare in pubblico le sue amicizie, le sue conoscenze e le sue abitudini quotidiane. Ha pertanto fatto scalpore, nel Regno Unito, l’account su Facebook nel quale era disponibile una fotografia di Sir John Sawers, il nuovo capo dei Servizi Segreti inglesi (SIS). Ancor più per una aggravante di per sé fondamentale: l’account era gestito dalla moglie di Sawers, Shelley.
La signora Sawers probabilmente non si è resa conto della leggerezza del proprio operato. Ha infatti aperto un account sul social network, non vi ha imposto alcuna restrizione lasciando libero accesso ai contenuti, e vi ha messo su le foto di un weekend in famiglia, con il marito in calzoncini da bagno in un’atmosferica bucolica e rilassata a bordo piscina. Ma se tutto ciò vien visto con gli occhi di un professionista della politica o dello spionaggio, Facebook diventa una fonte di informazioni pericolosa: dalla piccola gallery emergono infatti le abitudini di Sawers nella vita privata, le amicizie, le frequentazioni ed i luoghi (con tanto di dettagli). Nel momento in cui il profilo ha assunto pubblica notorietà anche sui giornali un intervento immediato ha portato alla rimozione di immagini e quant’altro, chiudendo così alla vista dei curiosi le immagini del capo del MI6 («Military Intelligence sezione 6»).
In difesa di quello che da appena un mese è a capo dei servizi segreti è sceso anche David Miliband, Ministro degli Esteri inglese, il quale ha voluto con tutta evidenza smontare il caso: «Non è un segreto di stato che porta calzoncini Speedo». Fior di complimenti circondano infine la figura di Sawers, nel tentativo estremo di non scalfirne la credibilità e l’affidabilità agli occhi dei cittadini.
Si è trattata con tutta evidenza di una leggerezza la cui responsabilità va attribuita a Shelley Sawers. Le foto su Facebook, però, hanno portato le immagini del capo del MI6 sui giornali della notoriamente spietata stampa inglese, facendo diventare il caso realmente di pubblico dominio. Una volta esondata nel mondo offline, la vicenda ha assunto i toni dello scandalo costringendo le autorità a scendere in campo in difesa della credibilità dell’istituzione. Il tutto non potrà che sfociare in una indagine interna e probabilmente in regole e controlli più severi per evitare fughe di notizie che non mettono solo in forse la sicurezza di una persona, o di una famiglia, ma dell’intera intelligence governativa.
A James Bond tutto ciò non sarebbe probabilmente mai successo. Ma ai tempi Facebook non c’era ancora.