Con l’affermazione sul mercato dei servizi di streaming, anche l’universo dei documentari ne ha approfittato. Basta collegarsi a Netflix e analoghi, ad esempio, per poter usufruire di un buon catalogo di indagini e inchieste, oltre alle canoniche serie TV e ai film di maggiore incasso nelle sale. Ne è dimostrazione recente “Making a Murderer”, documentario recente e molto gettonato proprio su Netflix, ma anche i precedenti “The Square” e “Virunga”. Michael Moore, famoso e impegnato regista sul campo, è però dubbioso in merito a una delle pratiche più recenti della distribuzione in streaming: la disponibilità online-only di alcuni documentari. Secondo Moore, queste produzioni dovrebbero prima apparire al cinema e, solo in un secondo momento, sui servizi per il consumo domestico.
Sono molti i documentari che, negli ultimi anni, hanno avuto una distribuzione esclusivamente online oppure televisiva. L’esempio è proprio “Making a Murderer” poc’anzi citato: il genere ha trovato nuova linfa vitale grazie agli investimenti diretti di piattaforme proprio come Netflix, Amazon e Hulu, di conseguenza la fruizione tende a spostarsi dalle sale al salotto. Michael Moore, tuttavia, non è certo della portata di questo trend. Così ha spiegato in occasione di una recente intervista per Business Insider:
È cruciale che i documentari che sono stati realizzati per un’audience cinematografica abbiano una distribuzione cinematografica. Credo che per il pubblico sia molto meglio guardare alcuni di questi film con altre 200 persone in una sala buia che soli a casa.
Moore, impegnato ora con la promozione di “Where To Invade Next”, pare abbia rifiutato di concedere i diritti esclusivi per la distribuzione globale della pellicola proprio a Netflix, così come riferisce sempre Business Insider. E sebbene il film non abbia avuto ancora una distribuzione capillare, Moore ha deciso di partire proprio dalle sale, con degli screening a New York e a Los Angeles.
Devo essere sincero: quando guardo un film sulla televisione o sul mio computer, nella mia testa non penso di guardare un film. […] Creiamo questi documentari per il cinema, li creiamo per schermi da 15 metri. Li creiamo per essere vissuti con gli altri, poiché ognuno avrà una risposta emozionale diversa. La risata, il pianto, la rabbia, qualunque essa sia. Credo vi sia molto valore in tutto questo.