«Una barca di soldi». Anzi, una «grossa barca di soldi». Yahoo non chiede altro da Microsoft: il giusto riconoscimento per il proprio valore aprirebbe le porte di Sunnyvale ad un accordo immediato, accordo sul quale si temporeggia ormai da tempo e che ha già visto andare a monte un primo tentativo di acquisizione datato 1 febbraio 2008.
A parlare è Carol Bartz, CEO Yahoo dopo l’abbandono di Jerry Yang, e l’occasione p quella della conferenza organizzata da “D: All Things Digital” con tutti i maggiori protagonisti del mercato IT odierno. Carol Bartz era probabilmente la più attesa: carisma d’altri tempi, il CEO è salito sul palco con la coscienza di aver saputo prendere in mano l’azienda in pochi mesi, tenendone salda la guida nel tentativo di uscire dalle acque stagnanti in cui l’intero gruppo era finito dopo aver rinunciato ai miliardi promessi da Redmond. La Bartz ha parlato di un gruppo che ha ancora una propria identità e che per tornare agli antichi splendori ha una ricetta chiara da seguire: «Il miglior modo per cambiare la percezione [del gruppo] è quello di fare un buon lavoro e di parlarne». La Bartz pensa di aver fatto un buon lavoro: e ne vuole parlare.
L’intervista parte dal giorno zero, quando Jerry Yang l’ha approcciata per la prima volta proponendole il posto e ricevendo in cambio un secco due di picche. Un secondo approccio è però stato decisivo, poiché l’attuale CEO ha capito che Yahoo poteva essere il posto giusto per lei e lei poteva essere il personaggio giusto per Yahoo. Affare fatto, l’avventura è iniziata. I tagli, le trattative a distanza con Steve Ballmer, la chiusura di alcuni servizi e la ristrutturazione di altri: Yahoo ha iniziato il proprio lifting fin dal primo giorno, ma ora si giunge al dunque: Microhoo.
La Bartz non nega che i contatti con Microsoft siano costanti. Yahoo ha due richieste per poter firmare un accordo: un grosso esborso monetario da parte di Microsoft ed il coinvolgimento delle giuste tecnologie. Dopodiché l’accordo verrà fatto «sicuramente». Carol Bartz fa capire che tutto ha un prezzo, anche le pagine di Yahoo. E sebbene il motore sia in difficoltà, il corpus complessivo del gruppo fa ancora bella mostra di sé mentre Microsoft sta lanciando il proprio “Bing“. Google può guardare alle scaramucce come ad una battaglia tra poveri, ma a Mountain View è risaputo il fatto che, in caso di accordo, allora si aprirebbe un fronte di un certo pericolo dal punto di vista dell’advertising ed il mercato potrebbe tornare ad essere autenticamente competitivo.
A proposito di Google, Carol Bartz pone dei distinguo: «Noi siamo un posto ove la gente viene ad informarsi. Google è un posto ove la gente va a cercare. Vogliamo essere più personali di Google. Ci concentriamo su di una esperienza maggiormente integrata. Siamo un gruppo diverso da Google». Non alternativo, ma diverso: la battaglia con Google non è persa perché non si tratta di un faccia a faccia: trattasi di due esperienze differenti con gruppi che hanno scelto strade diverse.