Microsoft ha perso una causa presso Tyler, in Texas, che porta a Redmond una sanzione da 105.75 milioni di dollari a causa della violazione di due brevetti. La causa era stata avviata nel 2007 dalla VirnetX chiedendo un cospicuo risarcimento danni che, sia pur se non riconosciuto completamente dalla giuria, ha comunque portato la ragione dalla parte dell’azienda denunciante.
L’accusa aveva ai tempi richiesto un risarcimento pari a 242 milioni di dollari a seguito della violazione del brevetto 6,502,135 da parte di Microsoft Office Communicator e del brevetto 7,188,180 da parte di Windows Meeting Space. Il verdetto è stato di 71.75 milioni per il primo e di 34 milioni per il secondo, cifra che la parte denunciante ha comunque ritenuto equa: «I nostri committenti sono lieti del verdetto odierno. Speriamo che questa decisione mandi un chiaro messaggio a chi viola i brevetti in quanto essi sono responsabili di illeciti profitti derivati dal duro lavoro altrui».
Microsoft incassa la sconfitta, ma non sembra voler accettare né la lezione morale né la sentenza. Le dichiarazioni ufficiali sono quelle di Kevin Kutz: «Siamo delusi dal verdetto della giuria. Rispettiamo la proprietà intellettuale altrui e crediamo che le evidenze dimostrate siano per cui non vi siano infrazioni ed i brevetti non siano validi. Crediamo che la valutazione del danno sia legalmente e fattivamente priva di supporto e perciò chiediamo alla Corte di rivedere il verdetto».
Microsoft, insomma, promette rivalsa. La sconfitta non viene accettata di buon grado ed il gruppo sembra avere intenzione di continuare la propria battaglia contro la VirnetX passando immediatamente in appello. Tra le parti, però, potrebbe esserci un conciliabolo precedente ai prossimi passi legali. Microsoft potrebbe infatti cercare ora un accordo extraprocessuale, qualcosa che porti ad una risoluzione consensuale che escluda ulteriori sfide.
Ma il caso sembra potersi anche estendere oltre. I brevetti, infatti, coprono la tecnologia alla base delle Virtual Private Network (VPN), il che potrebbe portare a nuove denunce o accordi extraprocessuali coinvolgendo nella querelle nomi quali «Cisco, Google, Hewlett-Packard, Siemens, AT&T, Juniper, Qualcomm, NEC e Verizon».