In ballo ci sono un principio ed una cospicua mole di denaro: Microsoft è direttamente responsabile dei danni causati dalle vulnerabilità dei propri sistemi, come lo sono, ad esempio, i costruttori di automobili per le auto difettose? È quello che dovrà decidere la giurisprudenza americana in seguito alla denuncia presentato presso la Corte Suprema di Los Angeles da Marcy Levitas Hamilton, produttrice cinematografica che si è vista rubare dal pc importanti dati personali.
Microsoft, pur accettando l’essenza del ricorso, rigetta la possibilità che la causa diventi di tipo “class-action” (‘azione collettiva’), ove si troverebbe a combattere non contro singoli ricorsi ma contro una sola grande causa comprendente milioni di utenti (sulla falsariga delle cause intentate alle industrie del tabacco).
La denuncia non si ferma al caso in sé, ma affronta il problema del presunto monopolio di casa Microsoft: il ricorso infatti sottolinea come le vulnerabilità dei sistemi, sommate alla loro dilagante diffusione, determinano una situazione pericolosissima di potenziali “malfunzionamenti massicci e a cascata” a livello globale. In più, il monopolio di Redmond non permetterebbe di giovarsi di altri software più sicuri, obbligano l’utente ad utilizzare solo programmi Microsoft.
Alcune delle basi del ricorso erano state oggetto di uno studio – durissimo con Microsoft – pubblicato alcuni giorni fa dalla Computer & Communications Industry Association.
Microsoft, stretta nella morsa dei propri bug, già da tempo sta palensando serie intenzioni di intervento in ambito sicurezza. Ora però bisogna tirare le fila con il passato e soprattutto con il presente. Qualche cospicuo risarcimento potrebbe costituire un palliativo necessario, in attesa però di urgenti provvedimenti tecnici al problema.