La pruridecennale guerra tra Apple e Microsoft rischia di assumere dei contorni grotteschi che, presto, verranno discussi in tribunale. Steve Ballmer, l’attuale CEO di Redmond, ha infatti citato in giudizio Cupertino. La ragione? L’utilizzo del nome “App Store“, marchio registrato dalla Mela su cui Microsoft vuole mettere le mani.
Cavalcando l’enorme successo del negozio virtuale di Cupertino, anche Microsoft ha deciso di lanciare un proprio canale di distribuzione di software per Windows. Redmond, però, non si accontenta di replicare il successo di Apple, ne vuole addirittura il nome. A questo scopo, ha aperto una causa presso l’agenzia dei marchi specificando come “App Store” non possa essere brevettato perché troppo generico.
“App Store” è un nome generico e non dovrebbe essere permesso ad Apple di usurparlo a proprio uso esclusivo. I concorrenti dovrebbero essere liberi di usare “App Store” per identificare i propri negozi e i servizi offerti in congiunzione con questi store.
In realtà, nessun concorrente a esclusione di Microsoft si è posto un simile quesito. L’esempio lampante arriva da Google che, non ponendosi nemmeno la questione, ha deciso di chiamare il proprio store Marketplace. E il successo sulla piattaforma Android dimostra come non sia semplicemente un nome, o un marchio registrato, a determinare il gradimento del pubblico.
Dal punto di vista legale, Ballmer rischia di prendere una seria cantonata. Nonostante sia lecito sostenere che “App Store” sia un nome generico, ormai è universalmente riconosciuto come indicativo del progetto di Cupertino e, in questi casi, gli Stati Uniti sembrano garantirne i diritti di sfruttamento economico. In una nazione dove è stato garantito il brevetto di “That’s hot!” all’ereditiera Paris Hilton, quali speranze di riuscita può avere Microsoft?