Microsoft sta mettendo piano piano le mani sulla rete.
Dopo aver monopolizzato con Internet Explorer il mercato dei browser, con
Windows quello dei sistemi operativi e con Office quello delle applicazioni
per ufficio, la casa di Redmond sta cercando di “ingurgitare” anche Internet
attraverso la costruzione della propria piattaforma .NET, tanto glorificata quanto pericolosamente onnicomprensiva.
Queste, brevemente sintetizzate, sono le preoccupazioni che emergono da un “White Paper” distribuito alcuni giorni fa dalla ProComp
(Project to Promote Competition and Innovation in the Digital Age), un’associazione
di concorrenti della Microsoft che comprende società del calibro di Corel,
Netscape Communications, Oracle e Sun Microsystems; tutte fieramente unite
per combattere il monopolio che viene da Seattle.
Ma cosa sta facendo esattamente Microsoft per meritare questa
sgradevole attenzione? Il titolo del documento è esplicito: «L’espansione
dei Monopoli di Microsoft: alla ricerca di un più largo.NET / L’impatto della
piattaforma .NET, Hailstorm, Windows XP, Internet Explorer 6.0, MSN Messanger,
Windows Media Player 8.0, MSN Explorer è MS Passport sul futuro dell’Internet».
Altrettanto espliciti sono le descrizioni dei comportamenti (da noi già messi
parzialmente in evidenza in un editoriale) della casa di Bill Gates.
La piattaforma .NET è progettata per riunire sotto un unico
sistema (protetto e quasi del tutto proprietario) tre particolari aspetti
della rete: le tecnologie di accesso (i due browser), le tecnologie di utilizzo (il sistema di accesso Passport e le tecnologie multimediali) e le tecnologie infrastrutturali
(la piattaforma .NET). Tutto ciò verrebbe integrato in un unico dispositivo
e, soprattutto, introdotto attraverso il monopolio di fatto che la casa di
Redmond già possiede nei settori citati all’inizio dell’articolo.
Il documento esamina con dovizia tutti e tre i casi di “allargamento del monopolio“,
sottolineando a più riprese come mai prima d’ora Microsoft aveva scommesso
così tanto su un proprio modello di “business”. Le parole d’ordine che circolano
a Redmond sono: un unico sistema di accesso, un unico sistema di consultazione
e un unico sistema di produzione per tutti. Guardando molto al futuro si
può agevolmente immaginare che ogni azione del navigatore sarà marchiata del logo della finestrella colorata.
L’appello lanciato dal documento, indirizzato direttamente ai componenti dell’antitrust
degli USA, suona un po’ di catastrofismo, ma le parole con cui viene descritto
il processo sono macigni sotto gli occhi di tutti. Macigni come le citate
parole che Bill Gates lasciò alla storia, un po’ incautamente, nel
lontano 1995 nel documento noto come The Internet Tidal Wave (l’ondata dell’Internet).
Notando come «dopo dieci ore di navigazione» non fosse riuscito a trovare
«un singolo file DOC di Word o un file AVI o un file EXE o altri file di
Windows», Gates decise «first embrace the Internet and then extend it», insomma:
per prima cosa abbracciamo e comprendiamo l’Internet e poi estendiamolo.
In altri termini, per prima cosa sfruttiamo ciò che tecnologie open
source e compatibili (dai protocolli a Java) possono offrirci (embrace) e
successivamente accantoniamoli per sostituirle con nostre soluzioni proprietarie
(extend). Il recente discredito gettato dal manager Mundie sulle soluzioni open source si infila nella stessa direzione