Microsoft ha scomodato una professoressa della Facoltà di Economia della Stanford University per realizzare uno studio che spiega le conseguenze del posizionamento dei risultati sulle visite ricevute da un sito web. L’azienda di Redmond continua così la sua battaglia contro Google, avviata lo scorso anno con la campagna Scroogled, facendo leva sui risultati della ricerca e portando così nuova linfa alle accuse anti-Google già sotto esame presso la Commissione Europea dal 2012.
Con il passare degli anni, i motori di ricerca sono diventati piattaforme commerciali, tramite le quali vengono pubblicizzati prodotti e servizi. Lo studio di Susan Athey, consulente Microsoft, consente di rispondere ad una serie di domande: cosa succede se un motore di ricerca decide di posizionare i suoi prodotti nella parte alta della pagina dei risultati? Quanto è veramente importante dove un sito viene visualizzato nella pagina dei risultati? Può un motore di ricerca influenzare i clic degli utenti?
Per verificare gli effetti della “manipolazione”, la Athey ha realizzato un esperimento insieme al team Bing. È noto che un sito posizionato al top dei risultati riceverà più visite, anche se non è il migliore tra quelli elencati. Ma quali sono le conseguenze in termini di traffico? Spostando un sito dalla prima alla terza posizione, le visite si riducono del 50%. Se il link viene visualizzato in decima posizione, il traffico diminuisce dell’85%, mentre scende del 75% se il sito passa dalla seconda alla nona posizione. I risultati sono simili per tutti gli utenti, indipendentemente dal tempo impiegato nella ricerca. Il tutto dimostra pertanto quanto la posizione sulla pagina sia fondamentale e quanto l’organizzazione strutturale delle SERP possa pertanto essere incisiva nella veicolazione del traffico raccolto dal motore.
Un sito promosso dalla quinta alla prima posizione guadagna il 340% di visitatori. La manipolazione dei risultati, portando nelle posizioni di maggior evidenza i servizi propri del motore di Mountain View, è una delle quattro accuse mosse da Microsoft contro Google. Google abuserebbe della sua posizione dominante per mostrare i propri servizi in vetta alle SERP, insomma, ostacolando quindi la libera concorrenza.
Lo studio del team Bing è stato consegnato alla Commissione Europea che dovrà pronunciarsi sulle pratiche del motore più utilizzato al mondo. Joaquin Almunia, a capo dell’antitrust, ha già spiegato che «Google mostra i link ai propri servizi di ricerca verticale in modo differente rispetto ai link ai competitor», cosa che potrebbe pertanto influenzare il comportamento degli utenti e pertanto gli equilibri in ballo. In gioco v’è la regolarità della ricerca e della sua funzione di “vigile” nello smistamento del traffico tra le pagine.
In prospettiva, spiega ancora il post pubblicato da Microsoft, il problema sarà inoltre sempre più radicato a seguito dello spostamento dei navigatori sugli strumenti mobile: in presenza di uno schermo di minori dimensioni, infatti, le prime posizioni nella ricerca saranno sempre più importanti e le posizioni di rincalzo sempre meno notate e visitate. Ciò potrebbe insomma offrire a Google ulteriore vantaggio competitivo se solo l’ordinamento sulle SERP rimarrà quello odierno.