Sul fatto che Microsoft mantenga o meno illecitamente uno status di monopolista, le opinioni sono contrastanti. Da una parte c’è il DOJ (Department of Justice), convinto di aver operato con rigore nel limitare lo strapotere dell’azienda di Redmond. Dall’altra c’è il California Group, un aggregato di stati USA decisi a proseguire il proprio ostruzionismo nei confronti del gruppo di Gates per limitare gli ostacoli che rimangono sul mercato e che limitano le possibilità concorrenziali altrui.
Il rapporto stilato dal DOJ è quantomeno chiaro: il dipartimento asserisce di aver ottenuto ottimi risultati dal proprio operato, di aver eliminato gli ostacoli (soprattutto a livello middleware) che davano vita al monopolio e di aver visto fiorire sul mercato nomi che confermano la bontà di tali azioni. Il DOJ fa riferimento specifico a Firefox, Opera e Safari ed alla loro accresciuta concorrenza nei confronti di Internet Explorer; si citano inoltre Adobe Flash e QuickTime quali elementi di successo nella realtà multi-piattaforma, con iTunes, Yahoo e RealNetworks a rappresentare ulteriori elementi di forte concorrenzialità.
Secondo il DOJ, insomma, ogni sforzo è stato compiuto nella giusta direzione ed i risultati ci sono stati. Il monopolio rimane, ma non è più questione di vincoli in quanto a questo punto la concorrenza è reale: «Microsoft non è mai stata trovata ad aver accresciuto le quote del proprio monopolio al di fuori della legge» (fonte: eWeek). Il DOJ dice di aver agito non per togliere quote di mercato a Microsoft, ma piuttosto per eliminare tutte le condizioni che non permettevano alle altre aziende di esprimere il proprio potenziale in un mercato al giogo del monopolista.
L’opinione del California Group (con rappresentanze di California, Connecticut, Iowa, Kansas, Minnesota, Massachusetts e del District of Columbia) è completamente avversa: l’accordo tra Microsoft e le istituzioni ha limiti temporali, non ha raggiunto tutti gli scopi prefissati e, soprattutto, avrebbe lasciato a Microsoft i frutti degli illeciti. La più chiara dimostrazione dell’inefficacia delle azioni portate avanti è nel fatto che dal 1991 ad oggi Microsoft avrebbe perso appena l’1% delle proprie quote di mercato, mentre in ambiti come il browsing (ove l’azione ostruzionistica è stata più incisiva) in poco tempo le percentuali sono scese considerevolmente.