Basta una voce e pochi postulati per creare un castello di ipotesi del valore di svariati miliardi di dollari. Questo quanto succede quando in ballo vi sono due imperi dal nome altisonante quali Microsoft e Google.
La voce è quella che, almeno per la terza volta con un certo spessore negli ultimi anni, ipotizza l’ascesa di Microsoft nell’ambito della ricerca in Rete. I postulati sono le tentazioni passate di Microsoft in tal direzione e le paventate decisioni future in ambito Longhorn.
Il sillogismo diffuso è quello secondo cui Microsoft, se solo ne avesse le basi tecniche, potrebbe scalzare Google così come ha fatto con Netscape. Però tutto ciò non succede, sia pur se da tempo se ne configura la possibilità: “World Wide Wait”, così una testata di Seattle ha identificato la situazione. La posizione di vantaggio di cui Microsoft gode grazie al predominio del suo core businness (Windows e Office) permetterebbe al gruppo di offrire una posizione di vantaggio ad un proprio motore (secondo le ipotesi il prossimo Longhorn avrà una funzione apposita per reindirizzare direttamente sul motore di casa Microsoft) oppure di inglobare direttamente Google all’interno delle proprie funzioni.
Nel tempo si è anche ipotizzata una scalata finanziaria di Microsoft, ma al momento Google continua a rimanere privata e nessuna scalata risulta possibile. Nel frattempo Bill Gates elogia il quoziente intellettivo dell’interfaccia Google, promettendo però di essere in grado di proporre di meglio. Da mettere in conto anche il rischio antitrust: conviene a Gates risollevare i polveroni della critica che non troppi mesi fa rischiò di dividere la “Micro” dalla “Soft” come agli albori di Bill Gates e Paul Allen?
Queste sottili schermaglie non sono sfuggite alla critica, e sia John Markoff del New York Times che Paul Andrews del Seattle Times giungono alla stessa conclusione: se potesse, Microsoft vorrebbe. Evidentemente, dunque, non può.