Microsoft ha annunciato che non controllerà più i contenuti privati degli utenti, nel caso in cui scopra un furto di proprietà intellettuale. L’azienda di Redmond ha deciso un cambio delle condizioni d’uso dei suoi servizi, dopo aver ricevuto diverse critiche sulla procedura seguita per raccogliere le prove della colpevolezza di un ex dipendente. Nei prossimi giorni è previsto anche un incontro con due associazioni per trovare la soluzione più idonea da applicare in futuro.
Circa dieci giorni fa è stato reso noto che Microsoft ha scoperto il furto del codice di Windows 8 da parte di Alex Kibkalo, leggendo i messaggi inviati ad un blogger francese. I termini che regolano l’uso dei servizi prevedono chiaramente che, in determinate circostanze, è consentita la lettura dei contenuti per proteggere le proprietà intellettuali dell’azienda. Non è quindi necessario un mandato del giudice per accedere ai server, in quanto lo scambio di email è avvenuto attraverso Hotmail, un servizio di Microsoft. Brad Smith, General Counsel ed Executive Vice President del team Legal & Corporate Affairs, ha però annunciato un importante cambiamento alla policy sulla privacy:
Con effetto immediato, se riceviamo informazioni che indicano un uso dei nostri servizi per trafficare proprietà fisiche e intellettuali rubate di Microsoft, non ispezioneremo i contenuti privati degli utenti. Invece, sottoporremo la questione alle forze dell’ordine se è necessaria un’ulteriore azione.
Microsoft sottolinea ancora una volta che l’accesso alle email è stato fatto nel rispetto della legge. Tuttavia, le persone vogliono avere la certezza che le proprie informazioni personali siano al sicuro, anche se risiedono sui server di un’azienda. In futuro, quindi, Microsoft avviserà le forze dell’ordine e seguirà le loro procedure legali.
Quanto accaduto ha permesso di evidenziare un’altra questione importante, ovvero la ricerca del miglior compromesso tra la privacy degli utenti e la sicurezza dei servizi Internet. Microsoft ritiene che sia necessario coinvolgere più soggetti per trovare la giusta soluzione. Per tale motivo, ha chiesto e ottenuto la collaborazione del Center for Democracy and Technology e la Electronic Frontier Foundation.