Il termine netbook è ormai divenuto di uso comune, utilizzato per indicare una particolare categoria di portatili con display non superiore ai 10 pollici e basati quasi esclusivamente sulla CPU Atom di Intel.
Proprio la casa di Santa Clara ha contribuito alla diffusione del termine, combattendo e vincendo anche contro Psion che pretendeva il pagamento di royalty. Ma c’è qualcuno che proprio non sopporta la parola netbook: Microsoft.
In una conferenza al Computex di Taipei, Microsoft ha dichiarato che i notebook di piccole dimensioni dovrebbero essere indicati con il termine low cost small notebook PC. Secondo l’azienda di Redmond, infatti, i netbook hanno subito una evoluzione che li ha portati molto vicino ai notebook tradizionali, in quanto vengono utilizzati per svolgere compiti diversi da quelli per cui sono nati (navigazione Web, consultazione email, ecc).
È probabile che queste affermazioni si rivelino corrette quando inizierà la commercializzazione di prodotti basati sulla prossima piattaforma Pine Trail e se i produttori adotteranno schermi con diagonale superiore ai 10 pollici, ma molti vedono nelle parole di Microsoft un tentativo di spingere gli utenti all’acquisto di veri notebook con licenze più costose della Starter Edition di Windows 7.
Microsoft ha eliminato il limite delle tre applicazioni contemporaneamente in esecuzione, ma rimangono i vincoli hardware, ovvero display non superiore a 10,2 pollici, memoria massima 1 GB, hard disk con capacità non superiore a 250 GB e frequenza del processore limitata a 2 GHz.
Forse questo “odio” nei confronti dei netbook potrebbe, però, aprire uno spiraglio per la diffusione di sistemi operativi alternativi, come Android e versioni ottimizzate di Linux, che supportano anche architetture diverse dalle comuni x86.