Microsoft potrebbe preparare un piccolo importante regalo ai propri azionisti. Dopo aver chiesto pazienza per troppo tempo, infatti, Steve Ballmer potrebbe acconsentire ad aprire i forzieri del gruppo per elargire denaro in favore di quanti hanno riposto fiducia nell’operato di Redmond e nella bontà dei conti dell’azienda.
Il regalo potrebbe giungere sotto duplice forma: da una parte Microsoft potrebbe procedere ad un’opera di buyback delle azioni, aumentando così la domanda in acquisto e spingendo pertanto l’acceleratore sul valore MSFT a Wall Street. Dall’altra, Microsoft potrebbe agire in modo più diretto offrendo agli azionisti un dividendo straordinario dal valore al momento non meglio quantificabile. Da Redmond non giunge ovviamente alcuna conferma su tale possibile strategia, ma le azioni del gruppo riflettono immediatamente i rumor chiudendo immediatamente al rialzo (+5.28%).
Secondo quanto suggerito da Bloomberg, Microsoft potrebbe finanziare l’onere di due operazioni tanto impegnative con l’apertura di bond dedicati. Gli analisti vedono questo orizzonte come credibile: Microsoft gode di massima solidità finanziaria (AAA secondo Standards & Poor) ed i bond sarebbero pertanto elargiti con tassi di interesse tali da non andare a pesare eccessivamente in futuro sulle casse del gruppo. Contrarre un debito con gli azionisti e vendere il debito stesso a nuovi investitori: l’operazione potrebbe restituire buone soddisfazioni ed al tempo stesso andrebbe a consolare l’azionariato rimasto al palo dopo che, con l’uscita di Windows Vista e la successiva crisi economica globale, il valore del pacchetto azionario MSFT non è più tornato quello dei bei tempi passati.
I forzieri Microsoft hanno oggi da parte qualcosa come 36.8 miliardi di dollari. Ciò significa che il gruppo potrebbe investire nell’operazione fino a 5 miliardi di dollari circa senza incidere particolarmente sugli asset finanziari. Tutto ciò potrebbe avvenire entro la fine dell’anno in corso o comunque entro la fine dell’anno finanziario del gruppo (giugno 2011). Gli azionisti ci sperano. Wall Street ci crede.