Nessuna tecnologia di storage attuale garantisce la conservazione dei dati per migliaia di anni. Microsoft ritiene che la soluzione migliore per conservare la crescente quantità di informazioni (16 zettabyte nel 2017) sia utilizzare le molecole di DNA. L’azienda di Redmond ha quindi acquistato 10 milioni di oligonucleotidi da Twist Bioscience, una startup di San Francisco che effettua ricerche nel campo delle genetica.
Oggi i dati vengono memorizzati su media (DVD, HDD e SSD) che hanno una “data di scadenza” e quindi devono essere periodicamente ricodificati per garantire una maggiore durata nel tempo. Circa quattro anni fa, i bioingegneri di Harvard sono riusciti a memorizzare 700 TB in un grammo di DNA sintetico, assegnando i valore binari alle quattro basi (1 a T e G, 0 a C e A). Per leggere i dati è sufficiente effettuare il sequenziamento e la conversione di ogni base in binario. Un simile risultato è stato ottenuto dai ricercatori di Stanford con celle viventi.
Il costo del processo è ora molto basso. Per il genoma umano si spendeva nel 2001 circa 1 miliardo di dollari, mentre oggi bastano meno di 1.000 dollari. I sistemi di archiviazione basati sul DNA risolvono due principali problemi dello storage tradizionale, ovvero la durata limitata e la bassa densità. In un grammo di DNA è possibile memorizzare 1 miliardo di GB per oltre 2.000 anni, senza deterioramento.
I primi test eseguiti da Microsoft hanno dimostrato la possibilità di codificare e recuperare il 100% dei dati digitali dal DNA sintetico. La tecnologia è ancora in fase di sviluppo, ma i risultati ottenuti dimostrano che lo storage basato sul DNA potrebbe diventare presto un prodotto commerciale.