Cavalcando la crisi economica e la necessità di risparmiare denaro da parte dei consumatori, Microsoft sta conducendo nelle ultime settimane una campagna molto incisiva nei confronti di Apple. Dopo aver dimostrato la propria tesi sui Mac “cool” ma troppo cari in una serie di spot televisivi, ora la società di Redmond sfodera un nuovo studio per mostrare agli utenti l’effettiva esistenza di una “Apple Tax“. La ricerca, finanziata da Microsoft, è stata svolta dall’analista Roger Kay di Endpoint Technologies Associates.
Secondo lo studio, da poco reso pubblico, la cosiddetta tassa di Apple sarebbe data dalla «combinazione di ciò che gli utenti spendono quando acquistano un Mac è ciò che gli utenti spendono durante la vita del loro computer: una tassa nascosta». Per Roger Kay, non solo i computer della mela sarebbero più costosi al momento dell’acquisto rispetto a un PC, ma comporterebbero anche maggiori costi aggiuntivi per la loro gestione negli anni seguenti. La ricerca prende in considerazione una famiglia composta da quattro persone, i Bancroft, e ne ipotizza le spese per l’utilizzo di un Mac dimostrando come per un computer della mela sia necessario molto più denaro per ottenere «il medesimo software e il medesimo hardware» disponibile a prezzi più convenienti su un comune PC.
«La tassa più consistente è, naturalmente, quella legata all’hardware, ma il riacquisto del software, che è meno evidente, è molto importante. Equivale a zero sul fronte Windows, poiché buona parte dei programmi per XP funzionano anche su Vista e continueranno a funzionare anche sul nuovo Windows 7. Sul fronte Mac è, invece, molto dispendioso poiché i Bancroft devono comprare molto software e a caro prezzo – più di 1000 dollari – per poter svolgere le loro abituali attività. Inoltre, gli aggiornamenti e le commissioni per il servizio ampliano la distanza tra i due mondi [Windows e Mac, ndr] con il passare del tempo. I Mac sono particolarmente “cool”, ma al prezzo di 3.367 dollari ogni cinque anni? No, questo non è per nulla cool!» si legge nelle conclusioni della ricerca.
Lo studio di Kay fornisce numerosi elementi a supporto della teoria su una “Apple Tax” che rende – a parità di equipaggiamento – un Mac più costoso al momento dell’acquisto e per la manutenzione rispetto a un comune PC. Secondo alcuni, però, lo studio commissionato da Microsoft trascura deliberatamente un dettaglio di non poco conto: la qualità del sistema operativo. Scegliere un Mac non significa solamente acquistare un computer con una data serie di soluzioni hardware, significa anche acquistare un dispositivo con un sistema operativo alternativo a Windows. Per molti utenti, tale possibilità non è un semplice dettaglio, ma l’occasione di scegliere una alternativa che reputano migliore e più confacente alle loro esigenze. Per i detrattori dello studio di Roger Kay, il prezzo di acquisto e gestione di un Mac più alto rispetto a quello di un PC costituisce uno svantaggio accettabile per ottenere un sistema ritenuto maggiormente affidabile.
Attraverso la sua recente serie di spot comparativi e la ricerca sulla “Apple Tax”, Microsoft intende inviare un messaggio forte agli utenti per mantenere alta la vendita dei PC e scongiurare il calo fisiologico che si registra regolarmente nell’imminenza dell’arrivo di un nuovo sistema operativo. La nuova campagna di marketing inneggiante al risparmio di Microsoft potrebbe trovare nella crisi economica un valido alleato, captando le istanze dei tanti consumatori determinati a spendere meno per fronteggiare il periodo di recessione.