Quando a Milano aprirà l’Expò, le potenzialità della sharing economy troveranno un campo di applicazione straordinario, e con essa tutti gli effetti più o meno prevedibili sull’occupazione, i servizi al cittadino, le relazioni con le altre realtà economiche e sociali. Per questo il comune di Milano ha avviato un percorso di comprensione del fenomeno anche con una consultazione pubblica online. Cosa emergerà?
Promuovere e regolamentare. Questi i due verbi che chi amministra la città meneghina, appena insignita del titolo di città più smart d’Italia, adopera nel suo documento introduttivo. Nel testo si nota una certa fatica a contemperare diplomaticamente le valutazioni positive e quelle negative su servizi come Airbnb e Uber, due tra i pesi massimi della sharing economy, tra la considerazione di questi servizi come agenti di sviluppo e l’intenzione di far rispettare i principi fondamentali che alcuni ritengono non essere nel core di queste aziende. Se ne parlerà senz’altro anche il 20 novembre all’Expo Gate dove queste realtà sono state invitate per confrontarsi.
La sharing economy non è ima reazione temporanea alla crisi. Può essere invece un modo nuovo e diverso di pensare e agire i modelli di sviluppo e il rapporto tra amministrazione e cittadino, dove i soggetti esterni non sono considerati solamente portatori di interesse (stakeholder) in conflitto o in antitesi con il pubblico, ma anche solutionholders in grado di coprogettare, e cogestire pratiche, spazi, beni e servizi.
In una grande area metropolitana come quella milanese, l’economia collaborativa ha quindi il suo humus per poter funzionare. La Pubblica Amministrazione non può trasformare da sola la città in questo senso, ma può creare le condizioni perché quelle che oggi sono potenziali occasioni diventino effettive opportunità di crescita innovativa per la città. Per fare di Milano una Sharing City, è necessario regolamentare le iniziative territoriali dell’economia della condivisione, in modo che rispettino i diritti fondamentali sanciti dal nostro ordinamento.
Il documento però non è rigido, è stato messo a disposizione per osservazioni e modifiche, dunque secondo una logica open che è la medesima del sondaggio.
Il sondaggio
Durante questa consultazione, che si chiuderà il prossimo 7 dicembre, è possibile anche rispondere ad alcune domande in un sondaggio che è il naturale seguito della lettura delle linee di indirizzo. Nel sondaggio il Comune pone tre domande a risposta aperta:
- Che cosa è per te la sharing economy?
- Che cosa dovrebbe fare o non fare una amministrazione comunale per promuovere e/o regolamentare la sharing economy?
- A cosa pensi quando leggi “sharing economy”?
L’amministrazione ha cercato di individuare delle chiavi per interpretare la sharing economy e ora si aspetta di capire come i milanesi – e non solo – la vivono e si aspettano di viverla in prospettiva del grande evento espositivo mondiale. I punti positivi sono molti e onestamente elencati: le esperienze di sharing economy sono considerate esempi di economia sostenibile, di nuovo business, favoriscono l’ottimizzazione delle risorse e del tempo, si fondano su un meccanismo di fiducia reciproca e di reputazione, sono accessibili a tutti, il più flessibili e istantanee possibile. C’è però anche l’intenzione di formarle, mapparle, regolamentarle. Ora tocca ai cittadini dire la loro.