Sono tornati i cosiddetti fast radio burst (FRB), gli impulsi radio ad alta energia che provengono dallo spazio profondo, oltre la nostra galassia. Alcuni astronomi ne hanno rilevati altri 13, che si ripetono e durano pochi millesimi di secondo. Alcuni di questi provengono dalla stessa posizione e non è ancora chiaro agli scienziati cosa li generi. Proseguono quindi gli studi su questi impulsi che arrivano da 1,5 miliardi di anni luce rispetto a noi.
Questi nuovi segnali sono stati citati in due ricerche su Nature e captati dal Canadian Hydrogen Intensity Mapping Experiment (CHIME), nella Columbia Britannica in Canada. Ha 1024 ricevitori radio ed è diverso rispetto agli altri radiotelescopi perché fisso. Osserva quindi una specifica porzione di cielo, che cambia naturalmente con la rotazione della Terra. Non è la prima volta che un fenomeno del genere viene rilevato. I primi segnali risalgono al 2007 e da allora ne sono stati rilevati decine, alcuni più lunghi di altri e provenienti dalla stessa porzione di cielo.
Gli astronomi li osservano tramite enormi radiotelescopi, anche se hanno difficoltà nelle rilevazioni perché devono essere puntati nella specifica direzione e nell’attimo giusto quando avviene l’emissione di un FRB. Provengono da distanze lontanissime e prima di raggiungere la Terra attraversano la materia che si trova nelle galassie. Analizzando la struttura di queste onde radio si potrà anche ricostruire che cosa i segnali incontrano durante il loro lunghissimo viaggio.
Le stime sulla loro provenienza dicono che ogni giorno si potrebbero capire oltre 5mila FRB, che però non sempre vengono generati dalle stesse direzioni. CHIME è stato costruito espressamente per questo e già nei primi mesi, lo scorso agosto, ha rilevato altri FRB. Gli scienziati sono quindi ottimisti di poter in futuro si possano rilevare sempre più segnali dalla medesima fonte.
Ora gli studiosi si chiedono se esistono differenti categorie di lampi radio veloci, cioè se è possibile dividerli in quelli più sporadici e in quelli che si ripetono. In ogni caso la fonte è molto potente, si pensa che siano prodotti da buchi neri o magnetar, stelle di neutroni dal fortissimo campo magnetico. L’ipotesi della stella di neutroni deriva dallo studio dell’italiano Daniele Michilli, che un anno fa ha conquistato anche la copertina di Nature.