I numeri non mentono. La copertura mediatica non mente. L’assembramento di telecamere, giornalisti, esperti e curiosi non mente. Insomma, il Mobile World Congress era e rimane un evento di enorme portata, di grande prestigio, di sicuro richiamo. Tuttavia è sufficiente fare un passo di lato, per non rimanere abbagliati dal frastuono e dalle luci della fiera di Barcellona, per scorgere immediatamente qualcosa di stonato. Qualcosa che sfugge, ma che tutti hanno avvertito nell’aria. Una stanchezza, per certi versi, ma al tempo stesso anche una sorta di vertigine.
È come se negli ultimi anni i nostri desideri avessero corso più rapidamente dell’innovazione. Quest’ultima è sempre pronta a partorire nuove chimere, con le quali dipingere orizzonti verso cui lanciarsi immediatamente dopo. Tuttavia qualcosa sembra essersi inceppato e ormai da due anni la sensazione è che sia l’uomo a doversi fermare; la sensazione è che sia la tecnologia a dover inseguire.
[embed_fb]https://www.facebook.com/Webnews.it/videos/10155010712403926/[/embed_fb]
È ancora ieri?
L’evoluzione c’è stata ed è evidente: al Mobile World Congress i dispositivi ibridi hanno ormai rubato la scena ai laptop; Huawei è sempre più elegante; Samsung è inciampata, ma sta per tornare e può permettersi di saltare un turno; LG ha dimostrato di saper insidiare da vicino i top di gamma. Ma in mezzo a tutta questa evoluzione, l’effetto “wow” non c’è: è scomparso dietro ad una maturazione obbligata di un mercato che ormai ha l’occhio critico e non è più in grado di stupirsi solo per piccoli dettagli. Manca la magia, manca la visione nuova, lo slancio verso qualcosa da desiderare davvero a livello istintivo.
E in un contesto del genere, giocoforza, anche Nokia riesce a trovare la luce dei riflettori: benché il rilancio si affidi più alla nostalgia che all’innovazione, il trucco funziona a dovere. Del resto, di fronte ad una platea che ben presto capisce di dover aspettare qualche mese, anche la nostalgia può diventare una leva di marketing: il 3310 è tutto qui, il sogno perduto dei tempi in cui bastava un piccolo display per sognare. Ma oggi no, siamo sinceri: oggi non basta un display, nemmeno da 6 pollici, nemmeno ricurvo, nemmeno 4K. Il sogno è fatto di altra materia, quella materia che è in grado di solleticare davvero i desideri.
Eppure, ecco il domani
Ma il Mobile World Congress aveva una parola chiave ripetuta all’ossessione in ogni dove, una formula magica in cui sta riponendo tutte le speranze del mercato: 5G. Perché 5G vuol dire molto: vuol dire salto generazionale, vuol dire balzo innovativo, vuol dire rivoluzione vera. Con il 5G le connessioni rimpiccioliranno ulteriormente il mondo e, soprattutto, si farà tutto più capillare, pervasivo e invisibile.
Il 5G è la nuova frontiera e la cosa ormai è conclamata. Non è chiaro quanto sia ancora lontana, però: Ericsson, il nome che più di ogni altro si è oggi fatto capofila di questa cordata di avanguardie, promette novità imminenti ed applicazioni concrete entro il 2020. Ma i lavori sono partiti, le prime sperimentazioni sono in atto e da più parti ci si comincia a lavorare con serietà (la partnership italiana con TIM dice molto a tal proposito). Il 5G, ossia il domani, è davvero dietro l’angolo: anche se non lo vediamo ancora, è realmente vicino. Ad oggi, però, è ancora fatto di standard e di antenne, di dati e di benchmark. Ancora manca il passo che dovrà portare il 5G ad entrare nell’immaginario collettivo attraverso la mobilità, la domotica, l’intelligenza artificiale e molti altri ambiti ancora.
Quel giorno il Mobile World Congress cambierà, l’aria si farà meno rarefatta e la nostalgia tornerà ad essere materia prima del passato. Fino ad allora saremo ancora fermi a ieri, imprigionati in un oggi che non sa sognare, non sa immaginare e per molti versi si limita a cercare di vendere. Perché è su queste basi che la ruota può ricominciare a girare.
Il Mobile World Congress 2018 potrà già raccontare una storia diversa, perché la visione avrà probabilmente già iniziato a prendere davvero forma. Oggi sappiamo infatti a che velocità ci muoveremo, ma ancora non abbiamo capito dove stiamo per andare.